Esclusiva. Secondo venerdì di proteste, presidente Commissione Affari Esteri: “Non siamo contro la Repubblica Italiana, ma contro Perrone”

Di Vanessa Tomassini.

Per il secondo venerdì di fila, diverse città libiche sono scese in strada contro l’Ambasciatore d’Italia a Tripoli, Giuseppe Perrone. A Tripoli e Gianzur sono stati bruciati circa 40 tricolori, sebbene i manifestanti fossero solamente diverse dozzine. Tricolori bruciati anche ad Homs, al-Marsad, Zawyia, Sorman e Bengasi, con una partecipazione maggiore nella zona orientale del Paese, esclusa dalle recenti visite dei funzionari italiani. Oltre a condannare le parole di Perrone a “Libya’s Channel”, viste come una intromissione negli affari interni libici, malgrado la smentita dell’ambasciata  che ha negato una richiesta da parte del diplomatico di ritardare le elezioni, i libici hanno chiesto al Consiglio Presidenziale di prendere una posizione netta nei suoi confronti.

Fin dal primo pomeriggio, abbiamo seguito in collegamento video quanto stava accadendo. In questi fotogrammi si vede un gruppo di giovani che si preparano a scendere in piazza a Gianzur, quei tricolori verranno poi gettati a terra calpestati dalle auto ed infine bruciati in segno di disprezzo. A tripoli alcune dozzine di persone hanno gridato “no all’Italia, no a Perrone”, sottolineando la volontà e il desiderio di elezioni secondo la data del 10 dicembre stabilita dalle parti libiche a Parigi, lo scorso 29 maggio.

Si ricorderà che l’8 agosto la Commissione Affari Esteri della Camera dei Rappresentanti,  con sede a Tobruk, aveva rilasciato un comunicato in cui si definiva l’ambasciatore italiano “persona non gradita” e ne chiedeva la sostituzione, dopo che il 4 agosto in un’intervista a “Libya’s Channel”, Perrone affermava che le elezioni dovevano tenersi solo dopo che fossero stabilite le giuste basi costituzionali e di sicurezza, nonché dopo che venisse raggiunta una reale riconciliazione nazionale. Nella stessa intervista Perrone afferma di riferire quello che è il sentimento dei Libici. “Io mi trovo a Tripoli, non so lei dove si trova – ha risposto quasi seccato Perrone al giornalista in collegamento da Amman, aggiungendo – ho incontrato i Libici in tutte le città e le trasmetto il loro punto di vista”.

Venerdì sera, abbiamo raggiunto al telefono Yousef al-Gouri, a capo di quella commissione, che ci ha detto: “Come presidente della Commissione per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale della Camera dei Rappresentanti libica e a nome dei suoi membri, per la preoccupazione per gli interessi del nostro paese e la sua unità e le scelte della sua gente, abbiamo preso la decisione di denunciare le dichiarazioni rilasciate da Giuseppe Perrone, l’ambasciatore italiano in Libia, che ha chiesto il rinvio delle elezioni, con gravi conseguenze per gli interessi italiani nel nostro Paese”.

Al-Gouri ci tiene a sottolineare che “non abbiamo avuto fretta di rilasciare la dichiarazione, ma abbiamo aspettato che l’ambasciatore facesse marcia indietro e ritirasse ciò che aveva detto, ma non lo ha fatto. Le osservazioni dell’ambasciatore hanno causato una risposta popolare, che respinge le sue affermazioni”. Il presidente della Commissione Affari Esteri ha aggiunto che “il modo in cui l’ambasciatore ha scelto di parlare della questione libica è sbagliato. Ha parlato in modo provocatorio, in violazione delle norme diplomatiche. Come commissione esteri, vediamo l’intervento del signor Perroni come le parole di qualcuno che sta danneggiando il nostro paese e il percorso del dialogo politico. Per noi, il rispetto della sovranità nazionale è una linea rossa che non può essere pregiudicata da alcun paese”.

Il presidente al-Gouri precisa che “non vogliamo che questa reazione venga interpretata come un attacco alla Repubblica Italiana. Il nostro paese ama relazionarsi con l’Italia, nel rispetto reciproco. Siamo consapevoli della profondità delle relazioni e della loro importanza. Il primo partner economico italiano, la Libia, considera l’Italia il paese europeo più vicino”. “Vogliamo che il Ministero degli Affari Esteri italiano – conclude – nomini un nuovo ambasciatore in sostituzione di Perrone, che abbia le qualità necessarie per questa fase politica e che consenta lo sviluppo di relazioni positive, che è ciò a cui aspiriamo”.

Precedentemente, Martedì 7 agosto, Mohamed el-Sallak,  portavoce ufficiale di Faiez al-Serraj, capo del Consiglio di Presidenza e del Governo di Accordo Nazionale, ha sottolineato che il corso e la data delle elezioni programmate in Libia sono una questione che appartiene solamente ai Libici, prendendo le distanze in maniera democratica dalle affermazioni dell’ambasciatore. Sallak ha sottolineato che Serraj e l’intero Consiglio Presidenziale richiama alla responsabilità tutte le parti libiche interessate alle elezioni ed in particolare quelle che si erano impegnate nell’accordo di Parigi, affinché rispettino i loro doveri costituzionali.

Mentre alcuni puntano il dito contro la Francia, responsabile di “aizzarci” contro le antipatie dei libici secondo alcuni esperti di casa nostra, in molti iniziano a pensare che l’ambasciatore Perrone non stia lavorando per gli interessi italiani. Ne è convinto un italiano residente in Libia dal 2000, autore di un messaggio indirizzato al Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che abbiamo avuto modo di visionare in cui dichiara che l’ambasciata non abbia il “giusto termometro” di quanto sta accadendo, aggiungendo che la “comunità italiana che vive in Libia da moltissimi anni, affianco ai libici, senza scorte ed auto blindate viene spesso ignorata dalla stessa ambasciata”. Si ricorderà che Perrone si era addossato l’ira dei libici lo scorso 13 luglio quando postò alcune foto del Grand Prix del 1937, in pieno periodo coloniale, proprio lo stesso giorno in cui la Libia piangeva la scomparsa del figlio di Omar al-Mukhtar, l’imam e guerrigliero libico cirenaico che guidò la resistenza anticoloniale contro gli italiani negli anni venti, considerato in Libia un eroe nazionale.

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