“Noi non c’entriamo niente”. College Militare di Tripoli, la verità di chi è sopravvissuto

Di Vanessa Tomassini.

Le immagini del raid che ha ucciso sul colpo 28 cadetti al College militare di Habda, a sud di Tripoli, hanno fatto il giro del globo, suscitando reazioni contrastanti e sgomento per la facilità con cui in Libia si continua a morire. L’inviato del Segretario Generale delle Nazioni Unite in Libia, Ghassan Salamè, e l’Ambasciata degli Stati Uniti hanno attribuito il bombardamento ad una delle forze affiliate al feldmaresciallo Khalifa Haftar.

Per comprendere quanto accaduto in quelle ore, abbiamo raggiunto un luogotenente senior del College militare, diplomatosi l’anno scorso, sopravvissuto al raid. Non citeremo il suo nome per proteggere la sua incolumità e quella della sua famiglia, che non abita a Tripoli e teme ritorsioni. Ma riporteremo integralmente la nostra conversazione.

“Scusami se non sono riuscito a dirti in tempo cosa era accaduto perchè ero sconvolto dalla morte dei nostri studenti per via del bombardamento”.

Lo capiamo e ti preghiamo di accetttare le nostre condoglianze.

“Mentre ero seduto nella sala degli ufficiali, ho sentito una forte esplosione, ed il suono simile a qualcosa che cade. Dopo aver udito l’esplosione, mi sono precipitato sulla scena per vedere cosa era accaduto. Lasciato l’atrio, ho visto i cadetti correre e urlare: i nuovi studenti, i nuovi studenti! Così sono andato nel piazzale del bombardamento dove i cadetti si trovavano al momento dell’esercitazione. La scena era davvero terrificante, mi sono fermato e sono rimasto scioccato dall’orrore di quella vista. Le parti del corpo riempivano il posto e i suoni delle grida erano dappertutto. Abbiamo iniziato a salvare chi poteva essere salvato. Alcuni di loro sono morti, altri si sono trasformati in brandelli, altri ancora si attaccavano alla vita con tutte le loro forze e non volevano morire…”.

L’attacco è arrivato dal cielo. Avete sentito un’aereo, un elicottero o un drone, il rumore di qualcosa che vi stava sorvolando?

“Ore prima dell’incidente potevamo sentire il suono di un aereo, che andava e veniva. Sono sicuro che il missile non è stato lanciato dal terreno, anche la sua forma suggerisce che è stato sganciato dal cielo”.

E’ vero che i vostri studenti e voi ufficiali militari non state prendendo parte al conflitto?

“Si è vero, noi siamo un’istituzione militare che non ha niente a che fare con nessuna corrente politica, indipendentemente che sia il Governo di Serraj o l’esercito di Haftar. Parlare di politica all’interno dell’Istituto è proibito. Siamo qui per apprendere e per allenare”.

Ci sono armi o droni immagazzinati all’interno del College?

“No. Se verrai a Tripoli posso mostrarti tutto. La Fondazione intende costruire e creare un nuovo nucleo di forze armate dentro Tripoli e gli studenti arrivano da tutta la Libia”.

Stiamo cercando solamente di capire, perchè tu pensi siate stati attaccati? Si è trattato di un errore?

“Per me, l’obiettivo dell’attacco era quella di distorcere l’opinione pubblica ed accusare l’altra parte di quanto accaduto. Non escludo la possibilità che ci sia una terza parte che non vuole che questa guerra finisca, e potrebbe essere internazionale. Un Paese che trae benefici da questa guerra”.

E questa terza parte credi supporti Haftar o Serraj?

“Non lo so, ma sono sicuro che questa terza forza trae benefici dall’alimentare la sedizione e nel creare problemi per prolungare il conflitto. Non escludo alcuna possibilità”.

Vorresti aggiungere qualcosa ?

“Voglio che il mondo sappia che il College Militare di Tripoli non ha nessun orientamento politico, non abbiamo nulla a che fare con gli eventi attuali e non prendiamo parte al conflitto. Non vogliamo nessun male per i nostri studenti. Sono i nostri fratelli e i nostri figli. Vogliamo costruire un Paese attraverso un esercito regolare, lontano dai litigi politici. Chiediamo che questa guerra si fermi immediatamente e si ritorni al tavolo del dialogo”.

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