L’ultima ripicca del Governo libico delle milizie

Di Vanessa Tomassini.

Meno di 24 ore dopo che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, non è giunto ad una condanna unanime e ad una presa di posizione contro il Libyan National Army (LNA) per l’incidente al centro di detenzione migranti di Tajoura, il Governo di Accordo Nazionale sta preparando il suo suicidio in grande stile. Il ministro dell’Interno, Fathi Pashagha, ha infatti minacciato l’Europa di chiudere i centri di detenzione migranti e di liberarli, non essendo più in grado di proteggerli. Dopo l’utilizzo dei migranti come scudo umano da parte delle sue milizie, ora migranti e rifugiati diventano per l’ennesima volta un mezzo politico con cui il premier Fayez al-Serraj, come un bambino capriccioso incapace di comandare perfino il suo cane, minaccia i suoi partner europei. La chiusura dei centri di detenzione andava pensata molto prima dello scoppio della guerra nella periferia di Tripoli. A gennaio 2018, un rapporto delle Nazioni Unite suggeriva: “l’Europa deve assicurare che la sua cooperazione e assistenza alle autorità libiche siano basate sui diritti umani, in linea con i loro obblighi in base ai diritti umani internazionali e alle leggi sui rifugiati, e non portano, direttamente o indirettamente, a uomini, donne e bambini intrappolati in situazioni abusive con poca speranza di protezione e rimedio”. Lo stesso rapporto denunciava che “i migranti detenuti nei centri sono sistematicamente soggetti a fame e gravi percosse, bruciati con oggetti metallici roventi, sottoposti a folgorazione e sottoposti ad altre forme di maltrattamento allo scopo di estorcere denaro alle loro famiglie attraverso un complesso sistema di trasferimenti”. I centri di detenzione in Libia dal 2017 – a cui gli staff delle agenzie Onu sono potuti accedere – sono caratterizzati da un grave sovraffollamento, mancanza di ventilazione e illuminazione, e strutture di lavaggio e latrine insufficienti. Oltre agli abusi e alle violenze commesse contro le persone lì detenute, molti di loro soffrono di malnutrizione, infezioni della pelle, diarrea acuta, infezioni del tratto respiratorio e altri disturbi, oltre a cure mediche inadeguate. I bambini sono tenuti con gli adulti nelle stesse condizioni squallide. Il rapporto sottolineava inoltre “l’apparente complicità di alcuni attori statali, inclusi funzionari locali, membri di gruppi armati formalmente integrati nelle istituzioni statali e rappresentanti del Ministero dell’Interno e del Ministero della Difesa, nel traffico o contrabbando di migranti e rifugiati”. Gli stessi ministeri che oggi ne minacciano la chiusura, dimostrando per l’ennesima e forse ultima volta, la loro totale inaffidabilità. Durante la guerra a Tripoli, centinaia di libici sono morti, centinaia di migliaia – oltre 20 mila famiglie – risultano sfollati; migliaglia di persone risultano ferite per via dei combattimenti. Le infrastrutture sono state gravemente danneggiate ed i terroristi hanno compiuto attacchi in tutta la regione meridionale, coalizzandosi con gli stessi gruppi del Governo di Accordo Nazionale. Chi avrebbe dovuto condannare il Consiglio di Sicurezza? Serraj e Pashagha per non aver fatto rispettare l’invito della Corte Internazionale di Giustizia di trasferirire i migranti dai centri sotto il controllo delle sue milizie? Oppure i suoi partner europei da cui ha ricevuto cospicui finanziamenti per migliorare le condizioni di tali centri e riformare una guardia costiera prima inesistente?

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