Farouq Al-Shareef: “La divisione deve finire. Vogliamo una vera Libia, unita e con un Governo legittimo”

Di Vanessa Tomassini.
Farouq Al-Shareef, 25 anni, di Tripoli, è un membro del Libyan Youth Parliament e attivista del Movimento Baltris, molto noto localmente e a livello internazionale per le proteste dello scorso luglio nelle maggiori città libiche. Nel 2011, quando aveva solamente 14 anni, con la mamma si è trasferito in Tunisia per un’organizzazione umanitaria, la Libyan Peace Iniziative, che stava aiutando i rifugiati libici nel Paese vicino. Ha poi continuato questo percorso fino all’ingresso nel parlamento giovanile della Libia, già tra i membri fondatori dell’International LIBOTICS Organization for Science, Tecnology e Roboticsz.
Com’è la situazione oggi a Tripoli e quali sono le principali sfide?
“La situazione a Tripoli è notevolmente migliorata rispetto a quattro o cinque anni fa, soprattutto in termini di sicurezza, dopo che è terminata la guerra. Ci sono scontri sporadici tra milizie, ma generalmente la situazione è migliore. Tuttavia la capitale, così come tutta la Libia credo, sta vivendo una crisi economica senza precedenti con la svalutazione del dinaro nel cambio con il dollaro che continua a salire. I giovani faticano a trovare un’occupazione”.

Crede che proprio questa crisi economica sia alla base della scelta di molti giovani libici di unirsi a gruppi armati?
“Certamente, questa è purtroppo la verità. I giovani libici non avendo molte opportunità si trovano a scegliere tra le milizie o entrare nell’esercito e questo è alla base della protratta guerra civile. Essere un membro dei gruppi armati gli garantisce uno stipendio anche più sicuro dell’esercito. Le milizie offrono fino a 1000 dollari al mese per unirsi a loro con auto e armi. Tutti i giovani libici, senza esclusioni, hanno perso almeno un amico nel conflitto. Grazie ai miglioramenti della sicurezza, i giovani oggi hanno raggiunto una certa consapevolezza, sono più attaccati alla vita. Vogliono un futuro diverso, migliore”.
Che futuro si aspetta e che futuro vorrebbe?
“Il mio primo desiderio è vedere la Libia come un Paese realmente democratico con un presidente scelto attraverso le elezioni e un Parlamento legittimamente eletto. Noi giovani vorremmo avere una vera giustizia: che tutti coloro che hanno guidato i giovani alla guerra, i capi di milizie e governo che hanno incitato i giovani ad uccidersi l’uno con l’altro, a distruggere case, e ad impugnare le armi, tutti coloro che sono stati la causa di questa prolungata guerra civile vengano puniti e finiscano dietro le sbarre. Abbiamo il diritto di vivere una vita dignitosa con pieni diritti civili, politici ed economici. La divisione deve finire, tutti vogliamo una vera Libia, unita e con un Governo legittimo”.
Cosa ne pensa della riconciliazione nazionale?
“Chiediamo una reale riconciliazione tra tutti i libici, sebbene alcuni separatisti si oppongono a questo processo tanto necessario. Tra noi giovani non esiste questa concezione regionale o tribale. Il Libyan Youth Parliament è composto da membri eletti dai giovani in tutta la Libia. Tra noi non facciamo distinzione tra coloro che vengono da Tripoli, da Bengasi, se un membro è arabo o Amazigh. I giovani non condividono le distinzioni che appartengono invece ai libici più adulti, over 50. Ecco perché il futuro della Libia è nelle mani dei giovani, per superare queste differenze. Se la Libia non è ancora unita è per colpa di Paesi stranieri, come Turchia, Egitto, Russia, Emirati, Stati Uniti e Regno Unito che interferiscono negli Affari interni della Libia. Anche Paesi amici come l’Italia, che ha sempre mantenuto la sua presenza diplomatica a Tripoli, non dovrebbero entrare nelle nostre questioni interne. Queste interferenze straniere sono alla base della prolungata instabilità. Questo approccio soprattutto militare non è positivo nemmeno per i Paesi che lo adottano”.

Cosa ne pensi del lavoro svolto dal Governo di Unità Nazionale?
“L’obiettivo del Governo di Abdel Hamid Al-Dabaiba, dal momento della sua nomina, era di portare la Libia alle elezioni ed ha fallito. Quindi cosa sta facendo?”.
Ma spettava al Parlamento preparare la legge elettorale, no?
“Portare il Paese alle elezioni era il compito del Primo Ministro. Dabaiba avrebbe dovuto lavorare con il Consiglio presidenziale e con tutte le parti interessate per garantire il processo elettorale il 24 dicembre 2021. Come cittadino libico, a me non interessa delle differenze tra Governo e Parlamento. Noi giovani, noi popolo libico, abbiamo accettato questo Governo per portarci alle elezioni lo scorso 24 dicembre. I loro conflitti interni e divergenze non ci interessano. La roadmap del Libyan Political Dialogue Forum, stabilita in Tunisia e Ginevra, prevedeva una soluzione globale attraverso le elezioni, non prevedeva la firma di accordi internazionali con Paesi stranieri come la Turchia o con l’Unione Europea. Inoltre, Dabaiba si era impegnato a non correre alle elezioni presidenziali e invece si è candidato. Non ha mantenuto le sue promesse, ecco perché siamo arrabbiati con lui, soprattutto noi giovani che abbiamo riposto in lui la nostra fiducia. Ci sentiamo come traditi”.
Però dobbiamo riconoscere che questo Governo qualcosa di positivo ha fatto come il sostegno ai giovani al matrimonio…
“Il sostegno al matrimonio è l’errore più grosso che Dabaiba potesse fare. Ha dato soldi ai giovani per sposarsi quando non hanno soldi per curare e mantenere loro stessi. Molti non hanno un lavoro, cosa accadrà quando formeranno una famiglia? Avranno figli dopo il matrimonio, come si prenderanno cura di loro, provvederanno ai loro studi se per sposarsi hanno avuto bisogno del finanziamento economico da parte del Governo? Sarebbe stato meglio aiutare i giovani a trovare un impiego, a realizzarsi, ad acquistare una casa, piuttosto che sovvenzionare matrimoni. Inoltre, dobbiamo ricordare che erano stati stanziati 3 miliardi, ma solamente due sono stati consegnati nelle prime due fasi. Che fine ha fatto l’altro miliardo? E poi molte giovani coppie hanno fatto di questo strumento un business, si sono sposati per ricevere il denaro e poi hanno divorziato subito dopo”.

In che direzione stiamo andando in Libia, credi ci sia spazio per una terza via con la formazione di un nuovo esecutivo, Bashagha prenderà il potere o Dabaiba rimarrà per condurre il Paese alle elezioni?
“Bashagha è un fallimento peggio di Dabaiba, sono tutti uguali. Noi giovani, in particolare il movimento Baltris di cui faccio parte attivamente, chiediamo al Consiglio presidenziale di sciogliere tutti gli organi non eletti, compresi il Governo e il Parlamento, e nominare un nuovo esecutivo o guidi il Paese alle elezioni. Il movimento Baltris non ha ricevuto le autorizzazioni per nuove dimostrazioni come è accaduto lo scorso luglio quando migliaia di giovani libici sono scesi in tutte le strade di Tripoli e della Libia in generale. Il Governo non ci ha concesso il permesso di dimostrare per evitare pressioni, ma questo è quello che accadrà. Chiediamo a Mohammed al-Mnefi, Moussa Al-Koni e Abdullah al-Lafi di assumersi le proprie responsabilità e garantire lo svolgimento di legittime elezioni generali. Tutti i corpi non eletti, i governi di Bashagha, Dabaiba e il Parlamento devono andare a casa. Anche se il Consiglio presidenziale non si è distinto per un lavoro eccellente, o non ha fatto molto fin dalla sua nomina, questa è oggi l’unica opzione che abbiamo per andare a votare. Circa una settimana fa, i notabili della Grande Tripoli hanno incontrato Moussa Al-Koni, chiedendo proprio che gli organi non eletti smettano di lavorare. Il Consiglio di presidenza dovrà formare un nuovo esecutivo unito per tutta la Libia o guidare esso stesso la Libia al voto”.