La petroliera affondata di fronte alle coste della Tunisia stava trasportando carburante libico di contrabbando?

Mabrouk Korchid, ex ministro tunisino e Segretario di Stato incaricato degli affari demaniali e fondiari nel governo di Youssef Chahed, eletto deputato per il collegio di Médenine nelle elezioni legislative del 2019, ha affermato che la “nave turca” affondata pochi giorni fa al largo delle coste tunisine, nel Golfo di Gabes, era carica di petrolio libico contrabbandato dalla città di Zawiya ed era in viaggio verso Malta.

Korchid, membro della National Lawyers Authority e fondatore dell’Organizzazione araba dei giovani avvocati, ha indicato che la nave si trovava cinque giorni fa nella città di Sfax, nella regione centrale della Tunisia, e si è spostata sulla fascia costiera in direzione sud, verso le coste della Libia. Ha sottolineato che si tratta di una delle “pattuglie marine che sequestrano e saccheggiano il petrolio libico dai porti situati nella regione occidentale della Libia”.

Una fonte locale, parlando in condizione di anonimato, ha confermato questa tesi, sollevando la questione che la coesistenza di due governi paralleli in Libia possa permettere ad alcuni attori, di fatto in controllo di alcuni impianti, di concludere vendite non autorizzate da NOC.

Un fenomeno sfortunatamente ben documentato quello del contrabbando di carburante dalla Libia occidentale, con carichi illegali che avvengono soprattutto nell’area di Zawiya e Zuwara, a volte con il coinvolgimento e il benestare di gruppi armati locali ed attori statali. In passato, il Panel of Experts delle Nazioni Unite ha già documentato tali traffici gestiti da organizzazioni di stampo mafioso tra Libia, Malta, Italia e Turchia.

La rete Réseau Tunisie Verte, che riunisce un centinaio di Ong attive nel settore della difesa dell’ambiente, ha espresso “stupore per il comportamento delle autorità tunisine, che hanno consentito alla petroliera Xelo di entrare nelle acque territoriali tunisine il 4 aprile 2022 per effettuare le necessarie riparazioni nel porto di Sfax, senza verificare l’autenticità dei suoi documenti, nonostante i sospetti che aleggiano intorno ad essa in merito al mancato rispetto delle procedure di sicurezza, visto che la nave è stata sequestrata a più riprese”.

In un comunicato le Ong sottolineano che mancano i certificati di sicurezza della Xelo, aggiungendo che l’unico certificato valido, “come per caso”, è il certificato di assicurazione della nave, la cui validità scade ad il 26 aprile 2022. Réseau Tunisie Verte ha invitato al riguardo le autorità competenti a determinare le diverse responsabilità e ad aggiornare periodicamente il pubblico con tutti i dati sulle cause di tale incidente e quelli per valutare i potenziali danni all’ambiente marino e costiero.

Raccomanda inoltre di condurre le necessarie analisi delle acque del Golfo di Gabes, secondo un protocollo scientifico che individua possibili fuoriuscite di petrolio. Tunisie Verte sottolinea infine la necessità di informare l’opinione pubblica sull’andamento delle cause legali che verranno avviate e sul risarcimento dello Stato tunisino in base agli accordi internazionali, sulla situazione ambientale nel Golfo di Gabes e sulle misure da adottare per limitare le ripercussioni.

Nel frattempo, il pattugliatore ‘Vega’ della Marina Militare Italiana è arrivato questa mattina nella zona antistante il porto di Gabes dove è affondata la petroliera Xelo con 750 tonnellate di carburante. L’unità della Marina Militare fornirà assistenza alle operazioni condotte da parte delle autorità tunisine per la messa in sicurezza della zona interessata e in particolare, dopo una riunione con le autorità locali, si è deciso di approntare il Team del Consubin per procedere ad ispezionare il relitto tramite l’impiego dei mezzi a pilotaggio remoto in dotazione, in modo da fornire alle autorità tunisine elementi utili a valutare la situazione in atto e definire le necessarie azioni da attuare.

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