Un sistema confederale, tra le possibili soluzioni da discutere a Parigi?

Di Vanessa Tomassini.

A poco più di un mese dal primo turno delle elezioni presidenziali, sono molte le preoccupazioni, le paure e le sfide che emergono tra i partiti della scena politica in Libia. Mentre l’opinione pubblica attende di conoscere la lista completa dei candidati alle elezioni presidenziali e parlamentari che prenderanno il via il 24 dicembre, i timori che il processo elettorale possa fallire. Per via di un nuovo conflitto, o perché coloro che detengono un potere militare rigettino il risultato delle elezioni. I leader internazionali si riuniscono a Parigi per decidere come sostenere i libici nel superare l’impasse politica.

La questione è infatti complessa: andare al voto senza una base costituzionale solida, già rigettata da molti, potrebbe portare ad una nuova esplosione di violenza; allo stesso modo, posticipare il voto potrebbe innescare un nuovo conflitto.

Bisogna trovare un modo per rassicurare gli spoiler. Le opzioni sul tavolo sono molte: nuove sanzioni, ridare fiducia alle parti attraverso il dialogo, evitare che il momento elettorale venga posticipato, o garanzie per chi teme un nuovo colpo di stato. Tra i tanti elementi di discussione, si sta facendo spazio l’ipotesi di un sistema confederale, ossia un Governo confederale con un presidente e due vice, un Primo Ministro e due vice che andranno a gestire di fatto tre Stati autonomi dotati una certa autonomia.

L’opzione prevede una sola National Oil Corporation (NOC) unificata, una sola Banca Centrale (CBL), e una sola Libyan Investment Authority (LIA), ma una autonomia per i tre Governi locali a livello di servizi e tasse. Le tre regioni, Tripolitania, Cirenaica e Fezzan, sarebbero dotate di un proprio esercito ed agenzie di sicurezza, pur facenti capo allo stesso ministro della Difesa.

Ciò permetterebbe, secondo alcuni osservatori, di allontanare lo spettro di un colpo di Stato qualora uno degli attori non accettasse il risultato delle elezioni. Basandosi sulla legge federale del 1951, prevede che il 15% delle risorse rimanga al Governo locale, mentre almeno il 50% verrebbe gestito dal Governo centrale federale che lo assegnerà a ciascuna regione tenendo conto delle sue dimensioni geografiche e della popolazione. Ciò permetterebbe, secondo alcuni, di evitare una divisione e soprattutto nuovi conflitti e spargimenti di sangue.

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