Nuovi contrasti nella Libia occidentale mettono a rischio la pace e gli sforzi fatti per combattere l’immigrazione

Di Vanessa Tomassini.

Nella Libia occidentale, si riapre il conflitto tra i gruppi armati, rischiando di mandare all’aria gli sforzi fatti finora dalla Stability Support Force nel contrasto all’immigrazione clandestina nelle precedenti settimane, nonché l’intero processo di riconciliazione nazionale. I media locali hanno riferito notizie contrastanti, alcuni riferendo di sette morti, altri parlando di scontri armati tra milizie, dopo che Muhammad Bahrun – alias the mouse, il topo, ha messo a ferro e fuoco la città di al-Ajilat.

Secondo fonti di sicurezza, Al-Bahroun , Athman Al-Lahab, Al Rumaih (alias Al-Alam) ed il noto trafficante di esseri umani di Sabratha Ahmed al-Ammo (lo zio), hanno attaccato il piccolo centro di Al-Ajilat ad ovest della capitale Tripoli, venerdì, incendiando diverse abitazioni compresa quella di un altro leader di un gruppo armato locale, tale Muhammad Baraka alias Al-Shalfouh, accusato dagli stessi gruppi armati di essere coinvolto nel traffico di esseri umani ed altri crimini, in un rinnovato clima di scambi di accuse a vicenda.

Secondo quanto riferito dai residenti, una giovane ragazza sarebbe rimasta ferita ed un’altra donna sarebbe stata uccisa da colpi di arma da fuoco vaganti. L’attacco di Al-Bahroun è stato preceduto da mobilitazioni militari tra le due parti, in seguito ad un disaccordo relativo proprio al contrasto dell’immigrazione clandestina. È chiaro che le milizie, fuori da qualsiasi controllo statale sono determinate a non perdere i propri interessi. I residenti hanno affermato che durante i disordini, sono state utilizzate armi medio pesanti, aggiungendo che razzi e colpi di mortaio indiscriminati sono caduti sui quartieri abitati, mentre alcune case ed attività andavano a fuoco.

Le stesse fonti hanno riferito che il gruppo di Al-Shalfouh, mentre di dava alla fuga, ha commesso furti, incendi e sabotaggi di proprietà pubbliche e private. Gli attivisti locali hanno denunciato l’uccisione di Shifa Qrouz, studentessa della Facoltà di Economia, ad Al-Ajilat, dell’Università Al-Zawiya, dopo che dei proiettili hanno raggiunto la sua abitazione. Gli amici, profondamente scioccati dall’incidente, hanno espresso la loro tristezza attraverso i loro account sui social media e hanno chiesto una giusta punizione per i responsabili.

Al Bahroun è indagato per diversi crimini oltre ad essere sospettato di essere collegato al sedicente Stato Islamico (Daesh), nonostante ciò il Ministero dell’Interno nell’ex governo islamista di Fayez Al-Sarraj lo ha messo a capo delle indagini penali nella città occidentale di Al-Zawiya. The mouse, guida una delle più grandi milizie armate di Zawiya, oltre a gestire un istituto di detenzione locale dove sono rinchiusi centinaia di migranti. Tra i crimini di cui è accusato, la collaborazione con l’ISIS prima della sua sconfitta nella città di Sabratha, in particolare, nel procedimento 131 del 2017 per terrorismo, ancora pendente presso la Procura Generale libica.

Al Bahroun era stato precedentemente formalmente sospeso da Fathi Bashagha, dopo la pubblicazione delle foto in cui maltrattava il maggior generale Amer Al-Jagam, pilota dell’aeronautica libica, catturato dalle milizie affiliate al precedente GNA. Tuttavia non è mai stato realmente sostituito. Al Bahroun sarebbe stato anche un membro attivo del Libyan Fighting Group, organizzazione terroristica affiliata ad al-Qaeda. Le stesse fonti lo considerano vicino all’estremista Abu Ubaida Al-Zawi Shaaban Hadiya e le Brigate del campo di Al-Farouq, parallelamente al suo rapporto con presidente dell’Alto Consiglio di Stato, membro della Fratellanza Musulmana, Khaled al Meshri.

È ritenuto responsabile, inoltre, di un attacco armato alle postazioni della guardia presidenziale a ovest di Al-Zawiya. Oggi è parte della coalizione Vulcano di Rabbia che include diversi gruppi armati della capitale, incluso il ricercato internazionale Salah Badi. Il gruppo rappresenta il principale ostacolo alla road map delle Nazioni Unite per le elezioni del 24 dicembre 2021. A tal proposito, il presidente del Consiglio presidenziale della Libia, Mohamed Younis al Menfi, ha ripetutamente chiesto l’aiuto della Comunità internazionale per liberare la Libia dalla piaga di queste milizie ed attuare l’Accordo di Ginevra firmato il 23 ottobre scorso, che prevede l’avvio immediato del processo di categorizzazione di gruppi ed entità armate con tutti i loro nomi su tutto il suolo libico, annessi o meno allo Stato. Quindi di preparare una mappatura dei loro leader, numero di membri, armamento e ubicazione, smantellandoli e istituendo un meccanismo e le condizioni per il reinserimento individuale dei suoi membri nelle istituzioni statali, per coloro che soddisfano le condizioni e le specifiche richieste per ciascuna istituzione, o trovare opportunità alternative per coloro che non soddisfano tali requisiti.

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