Dimostrazioni a Bengasi per la liberazione dei calciatori libici in arresto in Italia

Lunedì 5 ottobre 2020 dozzine di giovani sono scesi in strada per chiedere la liberazione da parte delle autorità italiane dei quattro calciatori libici arrestati nel 2015 con l’accusa di traffico di esseri umani. I libici sono covvinti che Tareq Alamami, Alaa Faraj al-Maghribi del club Ahly Benghazi e Abdel-Rahman Abdel-Monsef del club libico Al Tahadi, e il giocatore Mohamed Essid di Tripoli, non siano dei trafficanti ma che si tratti di un errore giudiziario.
I giovani calciatori, partiti dalla Libia per inseguire il sogno di una carriera, sono stati accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e omicidio volontario di 49 migranti sulla base di dichiarazioni rilasciate durante l’incidente probatorio da alcuni dei superstiti.
Di recente, la loro vicenda è tornata alla ribalta grazie alle autorità libiche che hanno chiesto il rimpatrio dei quattro calciatori in cambio dei pescatori di Mazara del Vallo fermati a Bengasi dopo essere entrati in acque libiche senza autorizzazioni. Secondo quanto riferito, i diciotto pescatori, tra cui sei italiani ed otto tunisini, dovranno rispondere di fronte ad un procuratore militare dell’accusa di contrabbando internazionale di stupefacenti. A bordo dei due pescherecci infatti sarebbe stato rinvenuto un grosso quantitativo di droga.
Una problematica già nota alle autorità italiane. Il New York Times in una inchiesta a firma di Patrick Kinsley e Sara Creta, inviati a Brindisi, con il contributo da Roma di Jason Horowitz, ha rivelato il coinvolgimento della Marina Militare nel contrabbando di Cialis, sigarette ed armi nel Mediterraneo da e verso la Libia.