Tripoli. Dabaiba: “ingresso a Tripoli suicidio politico.” Bashagha: “continueremo finché non vinceremo”

Di Vanessa Tomassini.

Il primo ministro del governo di unità nazionale della Libia, Abdel Hamid al-Dabaiba, ha affermato che la situazione della sicurezza è stabile a Tripoli, assicurando alle missioni diplomatiche e alle ambasciate che possono svolgere il loro lavoro normalmente e il governo garantirà loro sicurezza. In un discorso registrato trasmesso dalla piattaforma “Our Government” affiliata al governo di unità nazionale, Dabaiba ha dichiarato: “ho accettato un corridoio sicuro per la fuga del gruppo che ha commesso un suicidio politico entrando a Tripoli, ed il motivo è che ogni singola goccia di sangue libico vale più di tutti i loro partiti”.

Dabaiba ha continuato: “l’ho detto in passato, che questo gruppo vive solo in guerra e conflitto ed è sostenuto da un partito demoniaco dall’esterno. Oggi siamo alleati con i nostri figli. Ringrazio i giovani e i leader dei servizi di sicurezza che hanno affrontato con fermezza queste bande”.

Il premier ha ribadito che il governo di unità nazionale continuerà le sue funzioni fino alle elezioni. “Le elezioni sono la soluzione. Per quanto riguarda il progetto di estensione e colpo di stato, si è suicidato politicamente e oggi il loro certificato di morte è stato ufficialmente rilasciato”.

“Il governo continuerà fino all’attuazione delle elezioni e, nonostante il nostro annuncio di essere pronti ad attuare queste elezioni a metà di quest’anno, seguiamo il loro ritardo ed ostruzione in modo che non raggiungano una base per le elezioni.” Dabaiba ha accusato il governo designato dalla Camera dei Rappresentanti e i loro sostenitori di ostracizzare il processo elettorale, impedendo l’emanazione delle basi legali ed impedendo all’Alta Commissione Elettorale Nazionale di applicare la legge elettorale con il pretesto che non esiste. Ha avvertito loro dell’ultima possibilità di approvare una norma per le elezioni, altrimenti non rimarrà a guardare.

Dabaiba si è rivolto alla Procura della Repubblica e alla Procura Militare, per aprire un’indagine sui fatti avvenuti nella capitale, Tripoli, ieri, confermando che i servizi di sicurezza e militari si sono occupati con “tutta professionalità” e “fermezza” del “misero tentativo di infiltrazione” a Tripoli. La capitale libica ha assistito, martedì mattina, a scontri armati tra forze fedeli al Primo Ministro del Governo di Unità Nazionale, Abdel Hamid Dabaiba, e altri sostenitori del Primo Ministro nominato dalla Camera dei Rappresentanti, Fathi Bashagha, alcune ore dopo l’annuncio dell’ingresso di quest’ultimo a Tripoli.

Il premier designato, Fathi Bashagha, da parte sua, ha dichiarato: “Abbiamo aspettato 81 giorni dall’adozione del governo da parte della Camera dei Rappresentanti, ci siamo presi pazienza e saggezza, e c’è stata una grande pressione da parte della nostra gente nella regione occidentale, e continueremo il nostro obiettivo in modo pacifico finché non vinceremo”. Ha accusato il governo di unità nazionale di aver usato “incitamenti all’odio, tradimento e insulti e l’uso dei servizi di sicurezza per terrorizzare, minacciare e arrestare le persone”, raccontando le circostanze del suo ingresso a Tripoli. Bashagha ha spiegato di essere arrivato nella capitale disarmato e senza gruppi armati a sostenerlo, ha detto di aver passato decine di controlli di sicurezza e di essersene andato pacificamente non appena la situazione è deteriorata.

Secondo quanto riferito da fonti vicine a Bashagha, il premier designato sarebbe arrivato nella capitale da Janzour, dove da giorni si stanno verificando diversi scontri. In seguito all’esplosione della violenza ieri mattina, Bashagha ha seguito le raccomandazioni del comandante Mahmoud Hamza ed ha fatto ritorno a Sirte, da dove il governo parallelo ha iniziato a svolgere le sue funzioni, almeno sui media. Il capo del governo designato dal Parlamento libico accusa Dabaiba di essere ricorso ai gruppi armati per allontanarlo, nonostante le promesse, ora a Bashagha resta un solo modo per realizzare il suo sogno di potere, mentre la capitale resta ostaggio delle ambizioni personali di due personalità mai elette.

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