Libia, Sudan e Niger rilasciano una dichiarazione congiunta sulla situazione in Ciad

Libia, Sudan e Niger hanno rilasciato giovedì una dichiarazione congiunta sulla situazione in Ciad. I leader dei tre Paesi hanno espresso preoccupazione per i disordini in corso nel Paese vicino, facendo appello alla moderazione e alla ricerca del bene supremo per il Ciad e per il popolo ciadiano.
La dichiarazione invita le parti al dialogo e alla responsabilità per preservare la sovranità, la sicurezza e l’integrità territoriale del Ciad, nonché la sicurezza dell’intera regione. Libia, Sudan e Niger chiedono un dialogo costruttivo tra tutte le parti lontano dalla violenza, elogiando il ruolo del presidente Idriss Deby, recentemente ucciso in un agguato dei ribelli, nel raggiungimento della pace e della stabilità nell’area e nella lotta al terrorismo.
La dichiarazione congiunta ha ribadito la necessità di attivare l’accordo per la cooperazione in materia di sicurezza e monitoraggio delle frontiere sui confini comuni tra Libia, Ciad, Sudan e Niger, firmato nel 2018, sollecitando il Consiglio per la sicurezza e la pace africano a tenere una sessione di emergenza e ad adottare tutte le misure necessarie per alleggerire l’attuale tensione e ritrovare stabilità. Il Ciad sta assistendo a pesanti combattimenti tra l’esercito governativo e le forze ribelli che mirano a rovesciare il governo dopo aver ucciso il presidente che ha governato per 30 anni.
Deby era stato appena rieletto l’11 aprile ottenendo oltre il 70% dei voti alle elezioni presidenziali. Dopo tre decenni al potere, il leader africano stava per ottenere un sesto mandato consecutivo per ulteriori 6 anni. Il suo principale sfidante era l’ex Primo Ministro, Albert Pahimi Padacké, che ha ottenuto il secondo posto con il 10% dei suffragi.
Le forze armate ciadiane hanno annunciato che un Consiglio militare di transizione (CMT) guidato dal figlio del presidente, il tenente generale Mahamat Idriss Déby, ha preso la guida del Paese, con lo scioglimento di assemblea nazionale e governo, l’imposizione di un coprifuoco, la chiusura delle frontiere ma anche lo svolgimento di elezioni “democratiche” dopo un periodo di transizione di diciotto mesi.