Riscopriamo la storia della Casa della Cultura al-Kikhia nel cuore di Bengasi

Di Vanessa Tomassini.

La Kikhia Cultural House a Bengasi fa parte del patrimonio artistico e culturale della Libia. Tra religione, scienza, letteratura, musica, calligrafia araba e tutti i tipi di arte, l’architettura risulta essere l’adattamento dell’uomo all’ambiente e alle circostanze, all’interno di uno spazio limitato, utilizzando le tecniche di costruzione. L’odierna Casa della Cultura, parzialmente distrutta durante la guerra, è stata originariamente pensata per sviluppare soluzioni ingegnose ai problemi di esposizione, al freddo, alle tempeste di sabbia e all’acqua, senza mai trascurare le tradizioni sociali ei valori religiosi della cultura araba e islamica. In questi spazi recuperati attraverso studi minuziosi e alla manodopera di tecnici ed operai, si incontrano l’arte del costruire e della decorazione. Nel cuore di Bengasi che ancora mostra i segni della feroce guerra al terrorismo, si sta lavorando per preservare questi enormi monumenti storici per le generazioni future, affinché i visitatori di tutto il mondo possano ammirare un giorno un innovativo messaggio culturale. Questa casa è un chiaro esempio. La Casa della Cultura di Bengasi apparteneva ad Omar Basha Mansur al-Kikhia. Oggi la casa ospita eventi scientifici e culturali come in occasione della festa internazionale della donna organizzata dalla società civile con il sostegno delle Nazioni Unite.

Omar Basha al-Kikhia ha rappresentato una figura patriottica fedele alla patria, ha assunto la presidenza dell’Amiri Diwan e poi presiedendo il governo e alcuni ministeri dall’11 settembre 1949 al 3 novembre del 1950. Basha, che significa presidente in lingua turca, era il capo della famiglia e della tribù dei Kraghila, nonché uno dei notabili della città di Bengasi ed uno dei suoi sponsor. Ha servito come Primo Ministro nel primo governo della Cirenaica nel 1920, sotto il principe Idris al Senussi, in seguito alla pace con l’Italia e fino all’arrivo dei fascisti nel 1923, quando Omar Basha al-Kikhia fu catturato e condotto in esilio a Lampedusa. Qui fu liberato dagli alleati americani solamente nel 1943, durante la seconda guerra mondiale.

Secondo Yaqut Muhammad al-Kikhia, morto ad oltre ottant’anni negli anni novanta del secolo scorso, la casa era stata costruita alla fine del diciannovesimo secolo. I muri portanti e le sue fondamenta sono una continuazione delle sue stesse mura, dalle larghezze gradualmente crescenti che raggiungono gli 80 cm. Il calcare grezzo è stato utilizzato sia per le fondamenta che per i muri portanti con una normale malta di argilla, rivestiti da una malta mista di calce, cemento e sabbia che formavano l’intonaco. I tecnici sono riusciti a ottenere la calce viva dal cementificio e immergerla in acqua fino a scioglierla e impastarla con il cemento su uno strato di rete metallica direttamente sulle pareti. Percorrendo le scale che portano al livello superiore si inseguono colonne ed archi, mentre la corte è animata dal suono della fontana.

Il guardiano, che lavora qui tutti i giorni e si prende cura degli ambienti e degli ospiti, ci racconta che centinaia di uomini hanno lavorato qui durante i lavori di rifacimento. L’obiettivo era quello di far rivivere la casa dal punto di vista architettonico e storico, con il rilancio della tradizione. È per questo che prima del processo di restauro, sono stati compiuti studi importanti come il monitoraggio, la stabilità e l’equilibrio, l’eliminazione delle fonti di umidità o il loro trattamento con impacchi di fango e sabbia per rimuovere i sali dalle pareti. Tutto ciò ha richiesto molto tempo e grande impegno. La Casa Culturale Kikhia si compone di due piani su una superficie di 658,38 mq. Quest’area è composta da tre vani oltre al blocco d’ingresso, il quale si affaccia su Ghar Al-Aqeeb Street. Questa facciata è suddivisa in tre sezioni, la parte a terra costituita da un’apertura d’ingresso con arco a semicerchio. Sul lato settentrionale, sono presenti due finestre con arco a ferro di cavallo, mentre un’altra affaccia verso sud.

Sul lato nord del cortile è stato ricavato un portico dove si affacciano cinque archi. Qui una volta erano presenti delle vetrine per un gruppo di artigianato tradizionale e dipinti colorati che parlavano della storia della città di Bengasi, oltre ad ospitare la più antica mappa aerea realizzata dall’aeronautica tedesca tra gli anni 1911 e 1914. Alcune di queste opere sono andate perdute mentre altre sono state messe in sicurezza dal Dipartimento antichità durante gli anni.

Le case con il cortile interno sono tipiche della tradizione arabeggiante nelle aree urbane. La corte interna svolge infatti un’importante funzione di modificatore del clima nelle zone calde e aride. Consente attività all’aperto con protezione dal vento, dalla polvere e dal sole del Nord Africa. Inoltre il cortile permette una illuminazione degli spazi interni, mantenendo una temperatura gradevole durante il giorno e la notte.  L’architettura rappresenta la naturale predisposizione dell’uomo di riflettere sull’esito delle cose ed oggi, i libici fanno i conti non più con gli agenti atmosferici come i loro avi, bensì con la guerra e i suoi effetti ben più devastanti. La Casa della Cultura rappresenta un raggio di sole che scalda gli animi dei residenti nel grigiore delle macerie, e presto ce ne saranno altri a diradare le tenebre.

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