Qual è la soluzione politica più adatta a risolvere la crisi in Libia? Ce lo spiega Kamel al-Jatlawi

Di Vanessa Tomassini per “Strumenti Politici”.
“Voglio ricordare come ho detto prima, che il tempo non è dalla vostra parte. Vorrei avvisarvi del fatto che c’è un costo diretto per l’inazione e l’ostruzione”. Ha detto ieri, 2 dicembre 2020, l’inviata ONU in Libia Stephanie Williams in apertura del secondo round virtuale del Libyan Political Dialogue Forum. Williams ha confermato che ad oggi ci sono 10 basi militari in Libia- in tutto il tuo paese – e non in una particolare area – che sono oggi occupate totalmente o parzialmente da forze straniere. “Ora ci sono 20.000 forze straniere o mercenari nel vostro Paese. Questa è una scioccante violazione della sovranità libica. Potreste credere che questi stranieri siano qui come vostri ospiti, ma ora stanno occupando la tua casa. Questa è una palese violazione dell’embargo sulle armi”. Ha aggiunto Williams, spronando i 75 convocati a prendere decisioni importanti, senza ulteriori indugi. Le discussioni, che si sono aperte con il Forum faccia a faccia a Tunisi dal 9 al 15 novembre, si concentreranno ora sulla nomina del nuovo esecutivo e delle figure chiave delle istituzioni libiche, tra corruzione e spoilers, interni ed esterni. Le condizioni socioeconomiche nel Paese nordafricano e le proiezioni dell’ONU in Libia, esattamente a gennaio 2021, ci saranno 1,3 milioni di libici, bisognosi di assistenza umanitaria. Ma cosa non sta funzionato? Qual è la soluzione migliore da seguire? Lo abbiamo chiesto al membro dell’Alto Consiglio di Stato (HCS), Kamel al-Jatlawi.
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