Montano le proteste in Libia. Attuare gli accordi tra Serraj e Saleh è il sogno di tutti i libici ma non c’è più tempo

Di Vanessa Tomassini per “Strumenti Politici“.
“Libia ragazzi, NO Haftar e NO Serraj! Dov’è Omar el-Mokhtar?!” Sono questi gli slogan che riecheggiano oggi per le vie della capitale libica, Tripoli. Dove centinaia di giovani del Movimento del Popolo si sono radunati – sulla scia di altre città – per protestare contro le terribili condizioni di vita, chiedendo la dipartenza del Governo corrotto, o garantire riforme e l’implementazione dello Stato di diritto.
Proteste a Tripoli del 23 agosto 2020
Vallo a dire ai cadetti che sono morti nel College militare di al-Habda il 4 gennaio 2020. Vallo a dire alle vedove di Bengasi. A Salah, che ha perso le gambe in battaglia. A Mahmoud che ogni giorno piange da quando ha perso l’uso delle braccia. Vallo a dire a loro che Fayez al-Serraj ed Aguila Saleh hanno fatto la pace. Vallo a dire alle madri di Tripoli, di Zawiya, Ain Zara, Sabratha, Tarhouna. Serraj ed Haftar hanno fatto la pace. Dillo agli sfollati, ai feriti negli ospedali, ai martiri uccisi in battaglia. La Libia ha raggiunto il suo stadio più basso nel vertice di distruzione che l’ha inghiottita dal 2011. Il sogno di libertà si è trasformato in un incubo. Manca l’elettricità, non più per giorni, ma per settimane. Intere aree non hanno accesso all’acqua potabile. Scene che ricordano i gironi dell’Inferno descritti da Dante nella sua Divina Commedia. Ma la tragicità dello scenario libico supera l’immaginazione di qualsiasi narratore. Ed ecco che il virus corona mette in ginocchio gli ospedali finora dimenticati della Libia. Dei 10mila e 437 casi finora accertati, solo 1085 persone risultano guarite, mentre 188 sono morti dall’inizio della pandemia e i numeri continuano a salire. Sembra che, in collaborazione con le associazioni a delinquere internazionali, la leadership di questo Paese, conteso per le sue risorse energetiche, abbia fatto di tutto per assicurarsi che la popolazione perisca. Mentre i giovani libici a dozzine si riversano sulle spiagge per partire, i mercenari stranieri sono arrivati a flotte per mesi da Russia e Turchia. Cosa ne sarà di loro ora che il Primo Ministro del Governo di Accordo Nazionale (GNA), Fayez al-Serraj, ed il presidente del Parlamento, Aguila Saleh Issa, hanno ritrovato il loro spirito nazionalista?

Manifestazioni a Sirte del 20 Agosto 2020
In gran parte del Paese montano le proteste. A Sirte, Ghat, Sabha e ad altri centri, il 20 agosto, data in cui si commemora la battaglia di Tripoli del 2011, i giovani hanno imbracciato di nuovo le bandiere verdi di Muammar Gheddafi esprimendo il loro bisogno di cambiamento e il loro sostegno al figlio del Colonnello, Saif al-Islam Gheddafi. A Sirte le dimostrazioni sono continuate anche nei giorni successivi. I giovani di Zawyia sono usciti in strada venerdì sera contro il ministro dell’Interno Fathi Pashagha e la presenza di mercenari siriani. A Sabha è partita la “rivoluzione dei poveri”, in centinaia si sono riversati nelle piazze sollevando la bandiera della patria e domandare i propri diritti più basilari. A Bengasi l’LNA ha condotto numerosi arresti per soffocare questi movimenti.

Manifestazioni a Zawiya
Nelle due dichiarazioni rilasciate venerdì dai rappresentanti delle istituzioni riconosciute internazionalmente viene annunciato un cessate il fuoco su tutto il territorio libico, il ritiro di tutte le forze e mercenari stranieri, il riavvio della produzione petrolifera e delle esportazioni, nonché la demilitarizzazione della città di Sirte che deve essere affidata alle forze congiunte di polizia. Serraj fissa a marzo la data delle elezioni, sebbene manchi ancora una solida base costituzionale e la situazione di sicurezza è ben peggiore di quella profilatasi nel 2018. Già all’epoca i libici non aspettavano altro che andare al voto e liberarsi di quella squadra di cialtroni, grassi, corrotti e incompetenti che occupavano il palazzo presidenziale a Tripoli. Lo ricorderà bene l’ex ambasciatore italiano in Libia, Giuseppe Perrone, costretto a tornare a casa, dopo aver insistito in diretta televisiva sul fatto che mancavano le basi per un legittimo processo elettorale. Ad ogni modo, le iniziative di Aquila Saleh e Fayez al-Serraj giungono in seguito a fitte trattative al Cairo sulla gestione delle risorse libiche, fin ora impiegate per finanziare costose campagne militari, compresi i salari di ufficiali turchi e mercenari siriani.

Un mercenario siriano inviato in Libia agli ordini degli ufficiali turchi di Recep Tayyip Erdogan mostra il suo salario in dinari libici
Il capo ad interim della Missione di Sostegno delle Nazioni Unite in Libia, Stephanie Williams, ha accolto calorosamente i punti di accordo tra Saleh ed al-Serraj, affermando che le dichiarazioni “dimostrano il coraggio di cui la Libia ha urgentemente bisogno durante questi tempi difficili”. La Germania ha subito chiamato alla riunione del Comitato militare misto (5 + 5), per procedere con la dipartenza di tutte le forze straniere e mercenari dal suolo libico. Williams ha anche sollecitato le parti interessate ad attuare rapidamente la richiesta dei due leader per la ripresa della produzione e dell’esportazione di petrolio secondo le indicazioni delineate nei due documenti. Ha ribadito che privare il popolo libico della sua ricchezza petrolifera è un segno di inaccettabile testardaggine da parte degli attori locali e internazionali coinvolti. Ha chiesto a tutte le parti di partecipare a questa storica occasione e di assumersi le loro piene responsabilità davanti al popolo libico. Secondo la rappresentante di UNSMIL, le due iniziative hanno creato speranza per forgiare una soluzione politica pacifica alla crisi libica di lunga data, una soluzione che affermerà il desiderio del popolo libico di vivere in pace e dignità. Stati Uniti, Canada, Italia, Francia, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Tunisia, Algeria, Qatar, Giordania e Bahrein, così come Unione Europea e Lega Araba hanno benvenuto l’iniziativa. Mentre Russia e Turchia non hanno ancora ufficializzato le loro posizioni. Anche il maresciallo Khalifa Haftar è rimasto in silenzio, nonostante avesse già annunciato nei giorni precedenti la graduale riapertura dei porti e dei terminali petroliferi.

Dopo aver ricevuto gli ordini dai ministri della Difesa di Turchia e Qatar, il Consiglio presidenziale del GNA si riunisce sabato per discutere dell’attuale situazione
La maggioranza dei partiti politici e delle componenti libiche ha espresso il sostegno alle iniziative, auspicando la loro immediata attuazione. Questo spirito viene pienamente riassunto dal Consiglio sociale delle Tribù Warfalla, che ha benvenuto le due dichiarazioni di cessate il fuoco, sollecitando la necessità di aderirvi. La tribù dei Werfalli, una delle più importanti componenti sociali libiche, ha avvertito che questo accordo tra il Consiglio presidenziale e il Parlamento non sia vittima o soggetto ad alcuna violazione da entrambe le parti. Ha ringraziato tutti gli sforzi compiuti, sia a livello nazionale che internazionale, per arrivare a questo accordo, aggiungendo che un tale passo è importante per scongiurare lo spettro della guerra e l’emorragia di risorse e capacità. “Il nostro respiro rimane attutito e le nostre paure persistono a meno che l’urgente iniziazione di un dialogo globale tra tutte le diverse correnti, tendenze nazionali e politiche segua le dichiarazioni”. Ha affermato, sottolineando che il dialogo porterà all’istituzione dei pilastri legali e di sicurezza, grazie ai quali “ci trasformiamo, in tutto e per tutto, da uno stato di lotta armata per il potere a una legittima concorrenza democratica, al fine di garantire che la stabilità finale sarà raggiunta attraverso elezioni parlamentari e presidenziali. Avviare gli accordi è diventato un sogno per tutti i libici”.