Parola ad Aguila Saleh, “Comunità internazionale chiede cessate il fuoco, ma può espellere le milizie da Tripoli senza guerra?”

Di Vanessa Tomassini.
Gubba, 23 maggio 2019 -“Questa non è la prima volta che arrivano armi a questi gruppi terroristici in Libia. Abbiamo chiesto più volte alla Comunità Internazionale di fornire armi all’esercito libico, ma senza successo. Le armi arrivano ai gruppi terroristici e tutti lo vedono, anzi, pur avendo la possibilità nessuno li ferma. Arrivano via mare, via aerea e tutti ne sono consapevoli, ma nessuno fa niente. La cosa più grave è che questi armamenti vengono acquistati con i ricavi delle vendite del petrolio, liberato dei gruppi criminali dall’esercito libico, sotto il controllo dell’esercito libico e che viene scortato sotto la protezione dell’esercito libico. Tuttavia tutte le entrate del settore petrolifero arrivano alla Banca Centrale di Tripoli, sotto il controllo del Governo di Accordo Nazionale, ostaggio di gruppi terroristici e delle milizie di Salah Badi, Aytham al-Tajouri, Bugra ed altri elementi inseriti nelle liste dei ricercati internazionali. Purtroppo se noi fermiamo il petrolio, diranno che danneggiamo gli interessi degli altri Paesi. Nello stesso tempo queste esportazioni danneggiano la sicurezza nazionale libica. Il mondo utilizza due pesi e due misure. L’esercito libico deve essere dotato di armi. Venite a vedere le accademie militari, i centri di addestramento, che rispondono completamente alle regole militari. Chiunque veda l’LNA, si convince che questo è l’esercito libico che, pur non avendo tante risorse e gli armamenti necessari, è riuscito a sconfiggere il terrorismo nel 90% del territorio libico”. A parlare è il presidente della Camera dei Rappresentati, Aguila Saleh Issa, che commenta così le recenti notizie riguardanti l’arrivo di nuovi carichi di armi ai gruppi armati di Tripoli e Misurata, partiti dalla Turchia.
Lo sceicco Aguila Saleh è nato tra il 1946 ed il 1947, non ricorda la data esatta perché in quel periodo in Libia non esisteva l’anagrafe. È uno dei capi della tribù Obaidat, una delle più grandi in Cirenaica presente nell’area che va dall’aeroporto di Benina fino al confine con l’Egitto. Prima di essere eletto presidente del parlamento libico, riconosciuto internazionalmente con l’accordo di Skhirat nel 2015, si è laureato in legge all’Università di Bengasi, fino a ricoprire il ruolo di procuratore generale e capo della corte di appello. “Ho rifiutato due volte di far parte del Governo di Accordo Nazionale. Sono stato punito parecchie volte per non avergli dato la fiducia”. Racconta aggiungendo: “Ho chiesto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, perché anche lui è un uomo di legge, se ci può essere una punizione per un crimine che non è mai stato compiuto. Può essere considerato un crimine la difesa del mio Paese? La cosa più scandalosa è il ministero della Finanza americano che ha bloccato le mie ricchezze, anche se io non ho nemmeno un dollaro negli Stati Uniti. Tutta la verità è capovolta. Non mi danno il permesso per andare in America, in Europa, solamente per non aver legittimato il Governo di Fayez al-Serraj”.
-Di recente la Camera dei Rappresentanti ha deciso di classificare la Fratellanza Musulmana come movimento terroristico. Quali sono state le motivazioni?
“Il motivo è semplice, sono i Fratelli Musulmani a guidare tutti i gruppi estremisti. I Fratelli Musulmani non credono nella democrazia, nelle elezioni, non riconoscono la via democratica. Hanno già fatto un colpo di stato contro il Governo con il sostegno di alcuni Paesi che vogliono che i Fratelli controllino tutti gli apparati dello Stato. La Fratellanza Musulmana ha preso pieno controllo del Governo di Accordo Nazionale e siamo arrivati a questa situazione. Sono loro ad incoraggiare l’immigrazione clandestina. Non riconoscono nessun altro sistema che non sia il loro. Quando nel 2014 hanno perso le elezioni, si sono schierati contro la legalità formando un Governo parallelo a Tripoli che ha ottenuto il consenso di alcuni Paesi che dicono di sostenere la democrazia. E ‘un gruppo terroristico a tutti gli effetti che è dietro a qualsiasi attentato si verifichi nel mondo”.
-Nelle ultime settimane abbiamo visto un aumento degli attentati nel sud della Libia. Almeno 3 nel distretto di Sabha in poco più di un mese. Il 18 maggio di due anni fa, oltre 150 persone sono state uccise nel massacro di Brak al-Shati. È possibile che dopo due anni le famiglie delle vittime non abbiano ancora ricevuto una verità? Perché Serraj non ha mai rivelato i risultati delle indagini?
“Serraj non ha fatto proprio nulla e non farà nulla, perché è il suo Governo che controlla e finanzia i gruppi che hanno compiuto l’attacco. Ha speso 2 miliardi e 400mila dinari per questi gruppi terroristici, mentre la gente del posto in cui sorgono i principali giacimenti petroliferi non ha ricevuto niente. Serraj ha dichiarato più volte di appoggiare questi gruppi, è loro prigioniero ed è lui la principale causa della mancata soluzione alla crisi libica. Se esce dalla scena con i suoi collaboratori, la situazione in Libia verrà risolta. Serraj non può mantenere i suoi impegni perché è prigioniero delle milizie. L’esercito libico è andato a Tripoli come previsto dall’accordo raggiunto ad Abu Dhabi, ma quando Serraj è tornato a Tripoli, non ha mantenuto fede ai patti, perché i gruppi criminali che lo circondano si rifiutano di creare uno Stato unito ed indipendente”.
-Considerando tutto ciò, come Parlamento non potete chiedere le sue dimissioni?
“Il Governo di Serraj non è legale, per già due volte il Parlamento gli ha negato la fiducia. Nell’ultima sessione abbiamo chiesto alle Nazioni Unite e alla Comunità internazionale di smettere di riconoscere e sostenere il Governo di Accordo Nazionale. Vorrei ricordare inoltre che la recente sessione parlamentare a Tripoli non ha alcuna validità. Solo 9 dei membri della Camera dei Rappresentati che vi hanno partecipato sono attualmente in carica, tutti gli altri sono sospesi, dimissionari o con un mandato scaduto. Una sessione per essere valida necessita della partecipazione del presidente della Camera o di un suo vice e deve avvenire sotto la cupola del parlamento”.
-Cosa ne pensa, signor Presidente, della politica italiana in Libia?
“L’Italia è il Paese più vicino alla Libia per questo deve sapere tutto ciò che accade, purtroppo però si schiera sempre con il Governo di Accordo Nazionale, contro di noi. Quando sono andato alla conferenza organizzata dal Governo italiano a Palermo, ho spiegato al presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e al Ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, che i libici vogliono le elezioni affinché questi problemi finiscano presto”.
-A Tripoli ci sono oggi oltre 60mila persone sfollate ed il bilancio delle vittime dall’inizio del conflitto è di centinaia di morti e feriti, di cui molti civili. È possibile giungere ad un cessate il fuoco? E a quali condizioni?
“La guerra crea sempre danni e nessuno vuole questo, ma a volte è necessaria. La comunità internazionale ha chiesto un cessate il fuoco, ma è in grado di far uscire le milizie dalla capitale senza guerra? C’è una legge emessa dal parlamento libico che chiede alle milizie di abbandonare Tripoli. Se Serraj e il suo Governo non fa nessuna pressione su questi gruppi armati, cosa deve fare il Libyan National Army? Stare fermo ed aspettare per l’eternità mentre le risorse libiche vengono sperperate per finanziare questi gruppi?”.
-In molti iniziano a pensare che la soluzione alla crisi libica sia la secessione, ossia la divisione in Tripolitania, Cirenaica e Fezzan. Cosa ne pensa?
“La soluzione alla crisi libica è molto semplice. La comunità internazionale deve assumersi le sue responsabilità per questa situazione. Il vero problema oggi sono i gruppi armati affiliati ai Fratelli Musulmani e i Paesi che li finanziano, come ha visto nei media sono arrivati veicoli armati da altre Nazioni. Il popolo libico è unito, basta vedere che coloro che abbandonano le proprie case per via della guerra trovano subito ospitalità nelle altre città. Come è accaduto nell’Est della Libia, le persone che vivevano a Bengasi e Derna sono state ospitate dai loro fratelli libici, non come in Siria e Yemen. Il Parlamento libico ha fatto tutte le leggi e le procedure costituzionali necessarie per costruire il Paese. La Libia è un Paese indipendente da 70 anni, abbiamo una costituzione per amministrare il Paese. Perché non ritorniamo a questa? Per uscire dallo stallo noi dobbiamo applicare la Costituzione. Una volta eliminate le milizie che non accettano la democrazia, andremo alle elezioni parlamentari e presidenziali come prevede la Costituzione”.
–Non c’è un modo per fermare Turchia e Qatar?
“Ora la situazione è chiara. Tutti i capi dei Fratelli Musulmani e dei gruppi terroristici sono in Turchia, anche i feriti vengono curati negli ospedali turchi. Salah Badi era in Turchia, Ali Sallabi e Qharadawi erano in Turchia, tutti lì. Se il nostro esercito, LNA, bombarda uno di questi carichi di armi che arrivano via mare, la Comunità lo vedrà come una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale. Con la determinazione dei libici la capitale sarà liberata anche da questi gruppi supportati dall’esterno, perchè il popolo libico ha deciso di espellere da Tripoli le milizie e i terroristi. L’esercito libico non ha intenzione di pretendere il potere con la forza. Come è accaduto a Derna e Bengasi, una volta cacciati i terroristi, l’esercito si è ritirato lasciando le città sotto il controllo della polizia e delle agenzie di sicurezza. Lo stesso vale per Tripoli. Abbiamo bisogno di azioni concrete per mettere fine all’equipaggiamento delle milizie da parte di Turchia e Qatar, rimovendo l’embargo sulle armi nei confronti del vero Libyan National Army. Leggete i libri di storia, tutte le rivoluzioni sono partite dalla Cirenaica: la guerra per l’indipendenza, la rivoluzione di Gheddafi del 69, quella del 17 febbraio, l’operazione dignità. Se la Cirenaica chiede i suoi diritti tutta la Libia ci segue. Mi dispiace che gli italiani non l’abbiano ancora capito”.
-Signor presidente girando per la medina di Bengasi, la gente del posto ci ha raccontato che i gruppi terroristici sono arrivati a partire dal 2011. Secondo la sua esperienza, quella del 2011 è stata una vera rivoluzione o è stata innescata dall’esterno?
“Il popolo libico desiderava il cambiamento, alcuni Paesi hanno approfittato di questa volontà, hanno aiutato il popolo libico a vincere questa guerra, ma hanno supportato i Fratelli Musulmani a prendere il controllo del Paese. La rivoluzione è andata avanti, ma è fallita fino adesso”.