Primo Ministro Al-Thani: “Il tempo per i dittatori è passato, Haftar sta unificando il Paese”

Di Vanessa Tomassini.

Bengasi, 18 maggio 2019 – Nel capoluogo della Cirenaica, la città simbolo della vittoria contro il terrorismo dalla quale sono partite le maggiori rivoluzioni che hanno trasformato la Libia, abbiamo incontrato il Primo Ministro del Governo ad interim, Abdullah al-Thani. In questa intervista esclusiva il premier fa il punto della situazione in Libia, esaminando eventi, circostanze e responsabilità, oltre a lanciare un messaggio importante agli italiani e all’intera comunità internazionale.

-Signor Primo Ministro, grazie per aver accettato questa intervista e per l’ospitalità che ci ha riservato. Mi aiuta a presentarla agli italiani?

“Certamente, ho fatto parte dell’esercito libico dopo essermi diplomato all’accademia militare. Il primo ruolo che ho ricoperto nel 2013 è stato quello di ministro della Difesa nel Governo guidato da Ali Zidan. Dopo la rimozione della fiducia al primo ministro da parte del Congresso Generale Nazionale libico, sono stato incaricato di amministrare il governo temporaneamente. Alla fine di ottobre del 2014 il parlamento mi ha eletto primo ministro, carica che ricopro ancora oggi”.

-Parliamo del Suo Governo. Ci spiega brevemente la sua storia?

“Da marzo 2014, ero a Tripoli come primo ministro dell’unico Governo libico in quel periodo. Prima del suo scioglimento il Congresso Generale Nazionale ha assicurato lo svolgimento di legittime elezioni. Quando sono stati annunciati i risultati nel giugno del 2014, i Fratelli Musulmani, convinti di assicurarsi diverse poltrone all’interno del parlamento, hanno scoperto che il popolo libico aveva compreso la realtà dei partiti islamici e che la loro rappresentanza era molto ridotta. Quando si sono resi conto di aver perso la maggioranza dei posti all’interno del parlamento, hanno lanciato l’operazione Fajr Libya (Alba libica n.d.r.) utilizzando le milizie nel tentativo di controllare l’intero Paese. Va ricordato che, prima dell’inizio di Fajr Libya, durante le elezioni, il Congresso Generale Nazionale ha scelto Ahmed Maeteeq come primo ministro, ma senza che fosse raggiunto il quorum. Non essendo pervenuti i voti necessari, la magistratura ha stabilito che fossi io a proseguire come Primo Ministro. Intanto le milizie hanno distrutto l’aeroporto internazionale ed attaccato la maggior parte delle sedi delle istituzioni, formando un nuovo governo chiamato Governo di Salvezza Nazionale. A luglio del 2014, il Governo legittimo è stato costretto ad abbandonare Tripoli e a trasferirsi nell’est del Paese alla fine del Ramadan”.

-Sappiamo che le entrate petrolifere vengono gestite dalla Banca Centrale a Tripoli e dal Governo di Accordo Nazionale, è corretto? Quali sono le risorse economiche a vostra disposizione?

“Sì è corretto perché per la legge libica prevede che tutte le entrate del settore petrolifero vadano alla Banca Centrale della Libia, così dal 2014, noi come Governo che amministriamo quasi l’80% del Paese tra est e sud non abbiamo ricevuto nessun budget dalle vendite del petrolio. In tutto questo periodo abbiamo preso prestiti dalle banche commerciali, ad eccezione delle piccole somme che arrivano da Tripoli per i salari dell’amministrazione centrale. Parliamo di circa 177 milioni di dinari libici per le guardie municipali, il registro civile e l’autorità anti-immigrazione illegale. Tripoli controlla tutte le entrate, non solo quelle petrolifere, mentre noi siamo costretti a fare finanziamenti con le banche per pagare i salari degli insegnanti. Gli interessi delle banche sono al 3%. I soldi ottenuti dagli istituti finanziari e le spese sostenute dal 2014 a dicembre 2018 sono in totale 32 miliardi, sborsati in salari e servizi alla cittadinanza”.

-Quattro mesi fa ha destinato 100 milioni di dinari libici per ripristinare la sicurezza nel sud, fornendo almeno 100 veicoli. Qual era la situazione nel Fezzan e com’è cambiata oggi?

“Esattamente in totale abbiamo allocato duecento milioni. I primi cento sono stati impiegati per fare manutenzione delle infrastrutture, delle strade nel sud della Libia. Abbiamo innalzato il livello dei servizi negli ospedali e nelle cliniche, ordinando la fornitura di equipaggiamenti medici. Abbiamo risolto il problema della fornitura d’acqua, procurando pompe e sistemi di filtraggio per tutta la regione meridionale. Abbiamo inviato ambulanze, oltre a rafforzare le agenzie di sicurezza centrali, la polizia e formare nuove forze speciali per il controllo del deserto e delle città del sud, che sono state dotate di 100 mezzi. Per queste agenzie di sicurezza sono stati assegnati altri 25 milioni di dinari libici extra. La seconda rata di 100 milioni servirà a costruire un ospedale centrale specializzato ed attrezzato nel centro della regione meridionale, Tamanhint. Nel sud da 40 anni non esiste un ospedale centrale e tutti i residenti sono costretti a viaggiare nel nord del paese per accedere ai trattamenti medici di cui hanno bisogno. Questo ospedale sarà fornito di tutti i servizi ed apparecchiature più avanzate”.

-Perché proprio a Tamanhint?

“Perché qui c’è più sicurezza e soprattutto per la presenza dell’aeroporto che lo renderà più facilmente raggiungibile”.

-Media riconducibili ai fratelli musulmani hanno innescato molte paure nei cittadini di Tripoli, parlando di offensiva del maresciallo Haftar e del pericolo di una nuova dittatura. C’è una dittatura qui nell’est del Paese?

“Il tempo per i dittatori è passato e chiunque voglia diventare il presidente della Libia dovrà passare attraverso l’approvazione dei libici. Nessuno salirà al potere senza passare dalle elezioni. Il feldmaresciallo Khalifa Haftar ora sta lavorando per unificare la Libia, dopo di che chi guiderà il paese lo stabilirà le elezioni. Chiunque sia, anche se i libici sceglieranno il figlio di Gheddafi attraverso il voto sarà il benvenuto. Questa è la democrazia”.

-Che rapporti ha con il Libyan National Army? Il feldmaresciallo Khalifa Haftar riconosce l’autorità del Suo Governo?

“Certamente le relazioni sono buone, perché il maresciallo Khalifa Haftar faceva parte dell’esercito e lavoravamo nello stesso posto. Conosco il maresciallo dal 1996. Nello stesso periodo in cui Haftar era un alto ufficiale io ero ad un livello più basso. Il Governo ad interim ha fatto un grande sforzo per ricostruire un esercito, non ci sono altre entrate destinate alle forze armate. Dal 2014 il nostro Governo ha speso molto per costituire un esercito e pagare i salari dei soldati. Tutto il supporto arriva dal Governo ad interim. Anche il ministro della Difesa, a cui risponde il Libyan National Army, fa parte del nostro Governo”.

-Quindi il maresciallo Khalifa Haftar prima di attaccare Tripoli si è consultato con voi?

“Sì, si è consultato con me e questo non è un attacco, ma un’operazione per unificare il paese. Ognuno descrive questa operazione come vuole, ma noi non stiamo entrando a Tripoli per combattere la nostra gente, ma per eliminare le milizie. Certamente lei ha visto Tripoli e può fare un confronto con la regione orientale. Non abbiamo prigioni per gli avversari politici, milizie per le strade o nulla di illegale. Ciò che incontrerà è la polizia, la polizia giudiziaria e l’esercito ufficiale. La situazione è differente. Tripoli non può essere la capitale della Libia se controllata dalle milizie, come Kara e Gnewa. Questo è impossibile! Anche per il Governo di Accordo Nazionale supportato dall’Italia, nell’accordo di Skhirat che stabilisce la sua formazione, la prima condizione è quella di eliminare le milizie. Dal 2016 ad oggi, in tre anni, le milizie sono diventate più forti. Questo significa che il GNA non ha raggiunto il suo obiettivo in tempo. Vorrei farle una domanda, se in Italia il presidente del Consiglio perde la fiducia del parlamento può continuare a fare il presidente?”

-No.

“Perciò perché il Governo italiano riconosce un Governo che non è riconosciuto dal popolo? Questo significa che la democrazia in occidente va a seconda dell’umore, non è nelle giuste fondamenta”.

-Com’è il vostro rapporto con la Camera dei Rappresentanti?

“C’è un ottimo rapporto, perché il nostro Governo ha la fiducia del parlamento. Ci sono delle visioni differenti su alcuni punti, perché noi siamo l’organo esecutivo e siamo separati da quello legislativo. Rispettiamo il parlamento ed il presidente Aguila Salah con il quale siamo sempre in contatto. Il presidente è davvero un uomo buono, con una bella personalità, anche se abbiamo qualche conflitto con alcuni membri del parlamento. Alcuni di loro hanno un livello con cui non possiamo trattare, ma in generale la maggioranza sono brave persone. Questo è assolutamente normale, nel sistema democratico ci sono sempre dei membri del parlamento che si oppongono alla maggioranza. Non esiste qualcuno che piace a tutti, ogni essere umano incontra chi lo sostiene e chi lo critica”.

-Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha chiesto un cessate il fuoco. Quali sono le vostre condizioni per raggiungere una tregua?

“Tregua con chi? Con le milizie? Con Daesh? Dal 2011 ad oggi sono quasi dieci anni, il Paese sta precipitando e la situazione continua a peggiorare: le infrastrutture sono distrutte, i progetti in stallo, non c’è liquidità nelle banche, le linee elettriche completamente danneggiate. Che cosa le piace in Tripoli? Il cessate il fuoco ora e raggiungere una pace è possibile, a morire sono i libici e noi ne siamo dispiaciuti, tutto questo fa male. A volte siamo costretti a sottoporci ad un intervento chirurgico anche se doloroso, ma è necessario. Non ci sono soluzioni con le milizie, se non combatterle. Il cessate il fuoco è possibile se usano buon senso, se vanno nella giusta direzione. Ad esempio il signor Fayez al-Serraj (premier del Governo di Accordo Nazionale ndr) ha chiesto che l’esercito torni alle sue precedenti posizioni come condizione per un cessate il fuoco. Per noi questo è inaccettabile. Se tutti restano nelle attuali posizioni, forse sarà possibile, ma le milizie devono consegnare le armi all’esercito. La compagnia italiana in Mellitah pensa che sia meglio se le milizie restano? Può chiedere alla compagnia? Credo che sarebbe meglio se le milizie se ne vadano. La relazione tra Libia e Italia è storica, il principale interesse per l’Italia è che l’esportazione di olio e gas continui, ma queste attività devono essere gestite da un governo unificato. Se le milizie restano a Tripoli, senza un Governo unito, il maggior pericolo è per l’Italia. Voi dovete lavorare per rendere la Libia più sicura e stabile, con una legge, almeno per proteggere le vostre coste meridionali”.

-Dopo tutto questo, secondo Lei perché la comunità internazionale ha scelto Serraj come Governo riconosciuto e continua a supportarlo?

“Questa è una bella domanda. Come ha accennato il Governo di Serraj non è stato eletto dal popolo libico. Nemmeno il parlamento ha scelto lui. Lui ci è stato imposto da Bernardin Leon per i suoi benefici personali. La comunità internazionale e i paesi stranieri sono solamente preoccupati per i propri interessi ed imporranno chiunque li aiuti ad ottenere i propri benefici. Il mondo non accetta nessuno che lavori per la sua dignità e per la dignità del Paese, ma solo chi accontenta tutte le loro richieste”.

-Un membro dello stesso Consiglio presidenziale ha rivelato che Serraj utilizza il denaro libico per finanziare milizie, terroristi, criminali e mercenari. Perché lo fa?

“Perché vuole restare e farà di tutto per rimanere. Se Serraj non pagasse le milizie non starebbe neanche 24 ore in Tripoli. Questa è la verità che tutti conoscono. Dovreste capire che non siamo contro la personalità di Serraj, ma contro la sua condotta. Ultimamente abbiamo raggiunto un accordo ad Abu Dhabi, il quale prevedeva che l’esercito entrasse a Tripoli in modo pacifico, che venisse formato un nuovo esecutivo fino alla preparazione delle elezioni e all’inizio di una nuova Libia. Dopo di che, quando è tornato a Tripoli, i patti sono cambiati”.

-C’è un documento di questo accordo ad Abu Dhabi?

“Ci sarebbero dovuti essere due incontri. Il primo è stato consultivo ed è stato raggiunto un accordo verbale, tutti sarebbero dovuti tornati indietro a discuterne con la propria squadra. Quando Serraj è rientrato a Tripoli le milizie affiliate ai Fratelli Musulmani hanno detto di no”.

-Qual è il Suo programma per portare la Libia alla stabilità?

“Prima di rispondere a questa domanda, torniamo un attimo indietro. I partiti islamici e i Fratelli Musulmani da lungo tempo stanno lavorando per distruggere l’esercito. La prima decisione di Osama al-Juwaily, quando era ministro della Difesa, e Yousef Mangoush, capo di stato maggiore, è stata quella di dissolvere il battaglione 32 e la Rada (le originali forze di deterrenza di Gheddafi e non l’attuale milizia ndr), nonchè tutte le agenzie di sicurezza. La stessa cosa che è accaduta in Iraq nel 2003. Alla fine hanno eliminato il quarto battaglione, formando una nuova brigata chiamata Dorhua. Dopo di che, sono passati alle agenzie di polizia, dissolte anche esse per formarne delle nuove parallele. Ali al-Issawi, ministro dell’Economia del Governo di Accordo Nazionale, è stato il principale indagato dell’uccisione di Abdel Fatah Iunis (ufficiale senior delle forze armate libiche assassinato il 28 settembre 2011 n.d.r.). Questi fatti erano stati premeditati dall’inizio: eliminare l’esercito, la polizia e le agenzie di sicurezza per gettare il Paese nel caos e prenderne il controllo. Tornando alla sua domanda, l’obiettivo principale per il nostro Governo non è quello di arrivare al potere, ma quello di arrivare ad un nuovo organo legittimamente eletto. Certamente per volere di Dio abbiamo dovuto terminare la guerra in Bengasi, poi in Derna, aiutando a raggiungere la stabilità delle città e in tutta la regione orientale. Siamo concentrati nella manutenzione e nella costruzione delle scuole, nel migliorare il sistema sanitario, migliorando i servizi di cliniche ed ospedali. Ad esempio a Bengasi abbiamo perso 1300 posti letto per via della guerra e della distruzione portata dal terrorismo. Abbiamo riparato il sistema idrico e fognario, abbiamo lavorato per riparare le reti elettriche distrutte a Bengasi e Derna. Continuiamo ad essere impegnati nell’importazione di cibo, visto che Tripoli non lo fa. Continuiamo a prendere il cibo dall’esterno, che viene consegnato ad est e nel sud dalle organizzazioni che lo acquistano ad un costo ridotto del 60%. Ora siamo a maggio, il 20mo giorno del mese di Ramadan, tutti i salari verranno pagati ai dipendenti mentre il Governo di Tripoli ha solamente pagato gli stipendi di gennaio e febbraio pur gestendo i ricavi del settore petrolifero, ma hanno dato 2 miliardi e 400 milioni alle milizie. Ci sono foto sui social network delle milizie che si spartiscono il denaro”.

-Come lei sa, l’Italia è molto preoccupata dalla questione migratoria. Il suo Governo ha intrapreso delle azioni per risolvere questo problema?

“La prima cosa da dire è che l’immigrazione illegale non ha origine dalla regione orientale, oggi avremo una colazione nel centro migranti e vedrà le loro condizioni. Potrà visitare le prigioni e siamo seriamente impegnati a rivedere la legge dell’immigrazione illegale. Abbiamo iniziato a studiare questa legge e puniremo più severamente i gestori di questo business. Chi è coinvolto nel traffico deve ricevere punizioni esemplari. L’Italia dovrebbe supportare il Governo che realmente può risolvere questo problema. Se l’Italia non avesse lavorato per controllare le coste libiche e fermare le partenze, Italia ed Unione Europea avrebbero potuto finanziare progetti e creare opportunità di lavoro nei Paesi di origine. Queste persone stanno venendo da voi in cerca di lavoro, tutti i Paesi europei dovrebbero investire nelle nazioni africane da cui i migranti partono per migliorare le loro condizioni di vita; o dopo 20, 30 anni non ci saranno più italiani in Italia, ma saranno tutti africani. Siamo pronti a collaborare con l’Italia e con l’Unione Europea in tutti i campi, soprattutto ora che controlliamo la regione meridionale, e ci saranno benefici per tutti. Se l’Italia è pronta a lavorare seriamente con noi, possiamo fare dei progetti insieme per mettere fine all’immigrazione illegale, proteggendo i confini con tecnologie avanzate. Siamo pronti a costruire delle torri che lanciano un allarme se rilevano dei passaggi. C’è la possibilità se l’Italia è seria. I libici sono di mentalità aperta. Come italiana se lei cammina a Tripoli o Bengasi si sentirà come a Roma”.

-Quindi mi conferma che il Libyan National Army oggi controlla tutto il confine meridionale?

Certamente l’esercito è nel sud e nell’est, solamente la regione occidentale è fuori controllo. L’Europa si sta rendendo conto che il numero dei migranti che arrivano dal sud della Libia sta diminuendo”.

-C’è qualcosa che vorrebbe aggiungere?

Come giornalista lei deve trasferire al mondo la verità, ciò che vede. La cosa più importante è la credibilità. Le bugie hanno un limite, un giorno finiranno. Lei ha l’opportunità di vedere la realtà, di vedere la differenza tra Est ed Ovest, deve essere un profeta della verità per il popolo italiano. Il vostro Governo un giorno se ne andrà, ma gli italiani resteranno. Noi come Governo un giorno ce ne andremo, ma il popolo libico rimarrà. La cosa più importante è che la gente sappia come stanno le cose. Cambiare l’opinione generale non è semplice, ma lei deve continuare. Essere giornalisti è una professione d’umanità”.

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