Libia – Sahel: gestione flussi migratori richiede approccio regionale. Ce lo spiegano Natalina Cea (EUBAM) e Simonetta Silvestri (RACC)

Di Vanessa Tomassini.

Tunisi, 19 novembre 2022 – Il 22 e 23 novembre 2022, Tunisi ospiterà la Conferenza Regionale sulla Cooperazione Transfrontaliera Libia – Sahel, organizzata da EUBAM Libya, secondo quanto concordato nel Marzo 2021 da EUBAM Libia, EUCAP Sahel Mali, EUCAP Sahel Niger e la Cellula di Consiglio  e Coordinamento regionale dell’UE (RACC). L’iniziativa intende rafforzare la cooperazione transfrontaliera regionale tra Libia e Sahel, condividere le buone pratiche sulla gestione dei confini ed identificare nuove aree di collaborazione sulla gestione dei confini sia a livello nazionale che regionale. In vista del forum, abbiamo incontrato la capo missione EUBAM, Natalina Cea, e la capo ad interim della RACC, Simonetta Silvestri.

“Nonostante l’accordo di cessate il fuoco del 2020, il Paese soffre ancora di una instabilità politica e di sicurezza. Questa instabilità ovviamente incide sulla possibilità degli attori internazionali, e quindi anche della Missione EUBAM, di organizzare le attività di assistenza previste dal mandato. Ci spiega la capo-missione UE, Natalina Cea, aggiungendo: “La situazione di sicurezza nel sud della Libia resta instabile, con larghe parti del territorio e dei confini non controllate stabilmente dalle forze di sicurezza e di confine libiche”.

Natalina Cea ha indicato che “La Missione lavora su tre settori: board management, law enforcement, e criminal justice e che, data l’imminente scadenza del mandato, e’ in fase  di revisione strategica per adattare il sostegno alle richieste libiche che chiedono sempre di piu’ all’Unione Europea un impegno complessivo che riguardi l’intero territorio del Paese”

Il Governo libico ha spesso sottolineato come la Libia sia un Paese di transito e non di origine dei flussi migratori verso le coste europee. A tal proposito il capo della Missione UE, ha dichiarato: “Le richieste delle autorita’ libiche di concentrare gli sforzi europei su tutti i confini, inclusi quelli a sud del Paese, sono condivisibili, anche in considerazione della vastita’ dei confini a sud e della limitata presenza delle forze di controllo. Una azione sinergica e strategica tra sud e nord del Paese aiuterebbe anche a intercettare e controllare i traffici, inclusi quelli di essere umani, che proliferano in territorio libico e diventano fonte di speculazione e di violazioni di diritti umani”.

“È necessario dunque – prosegue Natalina Cea – porre maggiore attenzione al controllo dei confini meridionali, attraverso un approccio a medio e lungo termine, rafforzando la collaborazione tra la Libia e i Paesi vicini e questo e’ l’ obiettivo principale della  conferenza che inizierà martedì qui a Tunisi. L’ idea e’   partire da un’analisi delle problematiche legate ai controlli di frontiera , attraverso cinque gruppi tecnici che partendo da una analisi della situazione attuale individui metodologie e strategie di cooperazioe transfrontaliera, comprese quelle offerte dalla tecnologia”.

Stiamo parlando di problemi di vecchia data, alcuni dei quali preesistenti al 2011, come il problema socio economico di Chad e Niger. Passano 400km di deserto dall’ultimo punto in cui vi è accesso ad acqua ed elettricità in Libia e il primo check point in Chad. Parliamo di vastissime aree desertiche spesso abbandonate inabitate, dove i migranti che decidono di entrare in Libia per compiere il pericoloso viaggio verso l’Europa, finiscono nelle mani dei trafficanti e bande armate.

Insieme, i paesi del G5 Sahel – Ciad, Mali, Niger, Burkina Faso e Mauritania – coprono un vasto territorio  e la  loro popolazione, cinque volte inferiore a quella dell’UE, è raddoppiata negli ultimi 20 anni, raggiungendo oggi 84 milioni di persone. La maggior parte della popolazione dei paesi del G5 Sahel ha meno di 15 anni (47%) e fa fatica ad accedere ai servizi pubblici di base come sicurezza, giustizia, assistenza sanitaria, istruzione e acqua. Secondo la Banca mondiale, il PIL pro capite medio nella regione è stato di 777 dollari nel 2019, 45 volte inferiore a quello dell’UE. Dal punto di vista della sicurezza, i paesi del Sahel affrontano minacce come terrorismo, criminalità transnazionale, recrudescenza della ribellione armata e conflitti intercomunitari. Tali minacce vanno ben oltre la capacità delle loro strutture di sicurezza e difesa di affrontarle.

La necessità di rispondere alle sfide regionali da una prospettiva politica congiunta di sicurezza e sviluppo è il motivo per cui il G5 Sahel è stato creato come quadro di cooperazione intergovernativa il 16 febbraio 2014. Per far fronte a un crescente deterioramento della situazione della sicurezza nel Sahel, con l’obiettivo di rafforzare le strutture di cooperazione regionale del G5 Sahel e il sostegno alla cooperazione transfrontaliera, il Consiglio dell’Unione europea ha sottolineato l’importanza della regionalizzazione della sua azione di sicurezza e difesa comune (PSDC). In questo quadro, e nel contesto del più ampio impegno dell’UE nella regione, nel giugno 2019 è stata creata la Cellula di consulenza e coordinamento regionale dell’UE (RACC).

Simonetta Silvestri, capo ad interim della RACC, ha aggiunto: “Il fenomeno della migrazione illegale ha un aspetto regionale che richiede un approccio regionale condiviso.  La Libia, pur non essendo un Paese di origine dei flussi migratori, convoglia verso l’Europa migliaia di migranti di eterogenee nazionalità, provenienti da differenti regioni del continente Africano. Il Sahel, attraverso il Ciad e il Niger sono mete di passaggio di flussi migratori provenienti anche dall’ Africa orientale,  attraverso il Sudan,  cosi come anche dal Bangladesh e Pakistan. La Mauritania, ad esempio, unica frontiera marittima del G5 Sahel è sempre più spesso  usata come meta di viaggio alternativa della migrazione illegale in Europa (via Isole Canarie). Merita di essere ricordato che la mancata gestione e controllo delle frontiere nella vasta regione Saheliana e sud della Libia, oltre al movimento incontrollato dei gruppi migratori illegali, facilita  la mobilità dei gruppi jihadisti e della criminalità transfrontaliera, tra l’ altro fonte di finanziamento dei gruppi terroristici attraverso il traffico di esseri umani, di droga, anche a detrimento dello sviluppo socio-economico della popolazioni locali.

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