L’Ambasciata d’Italia a Tripoli celebra la cultura culinaria tra le due sponde del Mediterraneo

L’Ambasciata d’Italia in Libia ha celebrato la Cucina italiana con una serata presso l’hotel Corinthia dedicata alla cultura culinaria tra le due sponde del Mediterraneo. “Un viaggio nella cultura italiana e libica attraverso il linguaggio universale della cucina,” ha dichiarato l’Ambasciata attraverso il suo account Twitter.
L’iniziativa si colloca all’interno della campagna di comunicazione del Made in Italy nel Mondo promossa dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e denominata “BeIT” e della specifica campagna dedicata al Made in Italy agroalimentare caratterizzata dal branding “The Extraordinary Italian Taste”.
La Settimana della Cucina italiana nel Mondo, che si è conclusa di recente e giunta alla sua settima edizione, ha avuto come tema portante quest’anno la “Convivialità, sostenibilità e innovazione: gli ingredienti della cucina italiana per la salute delle persone e la tutela del Pianeta”. Roma e Tripoli sono unite da una storia millenaria, dal Mediterraneo e da tradizioni comuni che passano anche attraverso la cultura della cucina, dei sapori, dei profumi e dello stare a tavola.
Agroalimentare italiano
L’industria agroalimentare è il secondo settore manifatturiero in Italia dopo la Meccanica: secondo i dati forniti per l’anno 2021 il fatturato del settore è stato pari ad oltre 155 miliardi di euro, di cui il 26 % derivante da export per 40,2 miliardi di euro e il contributo al PIL italiano pari all’8,6% (Fonte Federalimentare). Sono oltre 70.900 le imprese attive in Italia nel settore agroindustria, che danno occupazione a circa 385.000 addetti (Fonte Rapporto Luiss Business School- Stati generali della industria agroalimentare Italiana 2022).
I prodotti alimentari Made in Italy continuano ad essere ricercati e considerati garanzia di eccellenza in tutto il mondo. Le aziende si contraddistinguono per una qualità superiore dell’offerta, una qualità composta da più elementi: il prodotto; l’impresa; il territorio; l’immagine dell’Italia e dell’Italian lifestyle. Ne è un esempio la c.d.“DopEconomy,” con 822 denominazioni DOP, IGP, STG italiane, sulle circa 3000 presenti nel mondo.
Spesso il fenomeno della contraffazione riguarda illeciti relativi a marchi registrati o a denominazioni di origine (DOP, IGP, ecc.), fino ad arrivare alla contraffazione del prodotto stesso con uso di ingredienti nocivi e/o non corretti protocolli di produzione e conservazione del prodotto. Viceversa il fenomeno del cosiddetto “Italian Sounding” fa riferimento all’imitazione di un prodotto/denominazione/marchio, attraverso un richiamo alla presunta italianità del prodotto che non trova fondamento nel prodotto stesso con l’utilizzo di parole, colori, immagini e riferimenti geografici sulle etichette e sulle confezioni che inducono il consumatore ad associare erroneamente il prodotto locale a quello autentico italiano.
Alimenti Bio
La normativa europea (Reg. CE 848/18) dal 2007 l’UE ha reso obbligatorio l’uso del marchio comune del biologico (logo a forma di foglia con 12 stelle bianche su fondo verde con la fogliolina di stelle europee) per tutti i prodotti confezionati, realizzati nel territorio della Comunità Europea e che contengono almeno il 95% di ingredienti BIO.
Accanto al marchio europeo vanno riportate le indicazioni necessarie per identificare:
- l’effettiva origine (Italia/UE/non UE) degli ingredienti che lo costituiscono,
- il tipo di metodo di produzione,
- il codice dell’operatore e il codice dell’organismo di controllo preceduto dalla dicitura: Organismo di controllo autorizzato dal Mi. P.A.A.F.
Quando si legge Italia (o Spagna, Francia, ecc.) significa che il 100% degli ingredienti sono stati coltivati sul territorio nazionale.
La normativa europea ed italiana stabiliscono le modalità di produzione degli alimenti biologici in tutte le fasi della filiera, dal campo fino alla tavola del consumatore finale. Sono esentati dall’assoggettamento al sistema di controllo solo gli operatori che vendono direttamente prodotti biologici al consumatore finale.
La certificazione, condotta da un ente terzo indipendente ed autorizzato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali (MiPAAF), consente alle aziende di dimostrare al proprio mercato di riferimento il rispetto dei requisiti di conformità delle produzioni ottenute con metodo biologico, rafforzando la propria reputazione e garantendo, al tempo stesso, attenzione all’ambiente e tutela della biodiversità.
Il Regolamento del 2007 prevedeva una soglia di tolleranza per le contaminazioni accidentali da OGM dello 0.9% – considerata inevitabile per l’agricoltura convenzionale – anche all’agricoltura biologica. Dal 2022 con l’articolo 11 del nuovo Regolamento si vieta espressamente l’utilizzo di materiale contenente OGM in agricoltura biologica, poichè l’uso è incompatibile con il concetto e la percezione che i consumatori hanno dei prodotti biologici. L’utilizzo di aromi naturali fino a quest’anno era ammesso in tutte le forme. Dal 2022 l’impiego è limitato alla sola categoria degli “aromi naturali di”, ossia prodotti con almeno il 95% dell’ingrediente citato. Ad esempio, l’aroma naturale di menta deve essere ottenuto per almeno il 95% dalla pianta della menta.

L’Italia mantiene il primato dei produttori biologici attivi (86.000), seguono la Francia con 53.255 e la Spagna con 44.493.(Fonte Osservatorio Nomisa). L’Italia brilla anche come incidenza di superficie Bio sul totale 17 %, la più elevata in UE che ha raggiunto una media del 9,2%. Il 51% dell’intera superficie biologica italiana si trova in quattro Regioni: Sicilia (370.622 ettari), Puglia (266.274), Calabria (208.292) ed Emilia-Romagna (166.525). La Sicilia, dunque, è la regione più Bio d’Italia.