Mosca annuncia il prossimo round di consultazioni con Ankara, ma l’invio di mezzi e mercenari in Libia prosegue

Di Vanessa Tomassini.
La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha annunciato giovedì 13 agosto che il prossimo round di consultazioni ministeriali con la Turchia sulla situazione in Libia dovrebbe tenersi a Mosca tra agosto e settembre di quest’anno. Zakharova ha indicato che Russia e Turchia hanno raggiunto un accordo di principio sulla data del prossimo ciclo di consultazioni durante la precedente riunione dei loro rappresentanti, che si è tenuta ad Ankara il 21 e il 22 luglio 2020.
Durante quest’ultimo incontro, Russia e Turchia hanno iniziato a valutare la creazione di un gruppo di lavoro congiunto sulla Libia, concordando di proseguire gli sforzi per raggiungere un cessate il fuoco a lungo termine e continuo in Libia. I ministeri della Difesa di Ankara e Mosca si sono impegnati a rafforzare il dialogo politico libico in conformità con le decisioni della Conferenza di Berlino del 19 gennaio, in coordinamento con le Nazioni Unite.
La portavoce ha indicato inoltre che le questioni libiche sono in discussione durante i contatti di lavoro regolari, non solo con i partner turchi, affermando che il Cremlino sta portando avanti “un intenso dialogo confidenziale sulle aree principali per una soluzione politica globale della crisi libica con tutte le parti interessate, in particolare con la stessa Libia”.
“Stiamo parlando con la leadership delle autorità e dell’amministrazione nell’ovest e nell’est del paese, rappresentanti di influenti forze politiche, leader regionali fidati e sceicchi tribali. Paesi arabi ed europei, i più attivi nel fascicolo libico”. Ha aggiunto Zakharova, sottolinenando che la Russia considera le decisioni della conferenza di Berlino e le disposizioni della risoluzione delle Nazioni Unite n. 2510 in merito al cessate il fuoco come base per un’azione collettiva appropriata sotto il coordinamento delle Nazioni Unite.
Va detto tuttavia che Russia e Turchia continuano a movimentare mezzi ed equipaggiamenti militari in Libia, compresi ufficiali militari, mercenari, e moderni sistemi missilistici e di difesa. Entrambe i Paesi pur strizzando l’occhio ad un cessate il fuoco sono anche a lavoro con i loro partner libici per creare nuove basi militari ed armare quelle già esistenti, nell’est, ovest e sud della Libia.
La scorsa settimana, la National Oil Corporation (NOC) ha avvertito che la militarizzazione degli impianti petroliferi, la presenza di mercenari e l’escalation militare aumentano i rischi che gli idrocarburi e le sostanze chimiche immagazzinate nei porti petroliferi rappresentano per i lavoratori e la popolazione locale. Il presidente della NOC, Mustafa Sanalla, in un discorso del 7 agosto 2020, ha affermato che “ciò potrebbe portare a un disastro più grave del porto di Beirut e ad una massiccia distruzione che farà uscire la Libia dal mercato petrolifero per così tanti anni”. Sanalla ha aggiunto che questo “comporterà anche la perdita di opportunità di vendita stimate in centinaia di miliardi di dollari da cui trarranno vantaggio altri paesi produttori di petrolio. Inoltre, per la ricostruzione saranno necessarie decine di miliardi in un momento in cui i budget disponibili sono limitati”.