Libertà di Stampa. Associazioni ed enti richiamano il Governo libico a garantire la pluralità dei media

Un gruppo di organizzazioni e associazioni della società civile chiedono al Governo libico di Unità Nazionale di revocare “la sua pericolosa decisione in materia di media audiovisivi, a causa dei suoi gravi pericoli per la diversità e pluralità della scena mediatica in Libia, nonché la sua minaccia all’integrità di qualsiasi imminente processo elettorale”.

Article 19 organization, Justice for All Association, My Foundation for Human Rights, Lawyers Without Borders Foundation, Libyan Crimes Watch, Al-Aman Organization Against Racial Discrimination, Libyan Center for Press Freedom, Cairo Institute for Human Rights Studies e Libyan Legal Aid Organization affermano in una dichiarazione congiunta che “il 15 settembre 2022, il governo di unità nazionale ha emesso la risoluzione n. 811 del 2022 relativa ai termini e alle condizioni per lo svolgimento dell’attività mediatica. La suddetta decisione conteneva strane condizioni che violano la libertà dei media, come la richiesta dell’approvazione delle autorità di sicurezza o l’approvazione del servizio di intelligence libico, che consente alle autorità di sicurezza e militari di interferire nella regolamentazione dei media audiovisivi”.

“Alla gravità della questione si aggiunge la mancanza di indipendenza del comitato preposto al rilascio delle autorizzazioni all’esercizio dell’attività mediatica, in quanto vigilato dal Dipartimento Media e Comunicazione di Governo presso l’Ufficio di Gabinetto, oltre alla forte presenza di servizi di sicurezza al suo interno, in quanto è guidato da un ex agente di sicurezza e due rappresentanti del ministero dell’Interno e dell’intelligence libica”. Prosegue la dichiarazione.

L’autorizzazione a svolgere attività mediatiche in Libia è concessa dal comitato che regola il lavoro dei canali audiovisivi privati, istituito nel marzo 2022 dalla risoluzione governativa n. 151 del 2022. La licenza viene concessa dopo che l’istituto dei media soddisfa una serie di condizioni che determinano lo stato giuridico dell’ente che produce contenuti audiovisivi, e le licenze che devono essere ottenute presso il Ministero dell’Interno, il Servizio di intelligence o l’Agenzia delle Entrate, e pagare i canoni richiesti.

“La risoluzione del governo n. 811 richiedeva inoltre alle istituzioni audiovisive di pagare commissioni elevate comprese tra $ 20.000 e $ 30.000 per i canali video e tra $ 7.000 e $ 10.000 per i canali radiofonici. Queste tariffe costituiscono condizioni inique e ingiuste, tanto più che i canali sono obbligati a pagare un importo compreso tra 4000 e 20.000 dollari all’anno per rinnovare la licenza. Queste condizioni minacciano la sostenibilità delle istituzioni dei media, che potrebbero trovarsi nell’impossibilità di continuare le loro attività se non soddisfano l’approvazione dei servizi di sicurezza o dei servizi di intelligence o non pagano le tasse elevate”. Afferma ancora la dichiarazione.

Gli stessi enti e associazioni sottolineano che, “sebbene sia legittimo regolamentare il settore della comunicazione audiovisiva con l’obiettivo di garantire la pluralità e la diversità della scena mediatica e la trasparenza della proprietà dei media, non dovrebbe finire con il controllo del Governo sul settore dei media, tanto più che il successo di qualsiasi diritto elettorale richiede la protezione delle istituzioni dei media dai litigi politici e da eventuali minacce di chiusura”.

“Le organizzazioni e le associazioni che hanno firmato la dichiarazione invitano il governo di unità nazionale a ritirare questa pericolosa decisione e a tenere consultazioni aperte e trasparenti con le istituzioni dei media, le organizzazioni della società civile e gli esperti per formulare una decisione che rispetti la libertà, l’indipendenza, il pluralismo e la permanenza dei media”. Ha concluso.

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