Al-Mangoush convoca l’ambasciatore egiziano per i talk televisivi mentre la libertà di stampa in Libia è sepolta

La ministra degli Esteri della Libia, Najla Al-Mangoush, ha convocato domenica l’incaricato d’affari egiziano Tamer Mustafa per le conversazioni dei media egiziani in riferimento ad una possibile invasione da parte dell’Egitto, paragonando quanto accaduto tra Russia e Ucraina alla stessa situazione tra Libia ed Egitto come paesi confinanti.
Secondo quanto riferito in una nota da Tripoli, il diplomatico egiziano ha chiarito che le dichiarazioni sono state rilasciate da partiti che non rappresentano il governo egiziano né la sua posizione sulla Libia, mentre Al-Mangoush ha ribadito lo storico rapporto tra i due paesi.
Alcuni programmi televisivi egiziani, nei giorni scorsi, hanno parlato di similarità tra l’attacco russo all’Ucraina e il rapporto tra Libia ed Egitto. In particolare, Amr Adeeb, un presentatore noto per essere vicino all’intelligence egiziana, ha affermato che la Libia per l’Egitto è come l’Ucraina per la Russia, aggiungendo che il caos causato dall’attacco di Mosca a Kiev consente all’Egitto di prendere provvedimenti a proprio vantaggio in quanto la crisi ucraina crea un precedente, un’opportunità per fare tutto ciò che il Cairo ritenga opportuno.
Il portavoce del ministero degli Esteri egiziano, Ahmed Hafez, rispondendo ad un giornalista in merito alla dichiarazione rilasciata dal Ministero degli Esteri libico ha chiarito che “tutti i media, giornali e canali televisivi locali e stranieri operano in Egitto in completa libertà ed esprimono il loro punto di vista su varie questioni”, mentre la posizione ufficiale del Governo egiziano è espressa attraverso i canali istituzionali.
Ovviamente Al-Mangoush non è preoccupata della situazione dei media nel suo Paese. Praticare giornalismo in Libia è sempre più complicato se non impossibile. Dopo aver perso un totale di tre posizioni dal 2019, la Libia è classificata al 165° posto su 180 paesi nel World Press Freedom Index 2021 di RSF, la posizione più bassa che abbia mai ricoperto.
Un rapporto fornito il 28 gennaio da Reporters Without Borders alla Missione ONU documenta le violazioni della libertà di stampa e i numerosi abusi subiti dai giornalisti in Libia dal 2016. Sulla base delle informazioni raccolte da fonti locali, l’organizzazione dettaglia le minacce e gli attacchi contro 12 giornalisti e 11 organi di stampa in particolare, comprese le esecuzioni extragiudiziali, arresti arbitrari e atti intimidatori. Nessuno di questi crimini è stato oggetto di un’indagine giudiziaria, di un processo o di una condanna.
Anche se la missione conoscitiva indipendente ha invitato le autorità libiche a garantire la protezione dei giornalisti in un rapporto dell’ottobre 2021, non ha affrontato le violazioni della libertà di stampa e non ha condotto alcuna indagine sugli abusi contro i giornalisti dal 2016.
“Giornalisti e organi di informazione che operano in Libia continuano ad affrontare una grave situazione di insicurezza”, ha affermato Souhaieb Khayati, direttore dell’ufficio di RSF a Tunisi. “La Missione conoscitiva indipendente deve condurre un’indagine approfondita sulle numerose violazioni della libertà di stampa e deve esortare le autorità a porre fine all’impunità per queste violazioni”.
Più di un decennio dopo la rivoluzione libica, il clima per i giornalisti è ancora irto di violenza incoraggiata dalla totale impunità, una situazione esacerbata da leggi draconiane e un ambiente politico e di sicurezza instabile favorito dall’attuale Governo di Unità Nazionale. La libertà di stampa e la sicurezza dei giornalisti dovrebbero essere al centro delle preoccupazioni di Al-Mangoush, e non i dibattiti televisivi che avvengono in altri Paesi emancipati.
Incaricato dal Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite di indagare sulle violazioni dei diritti umani in Libia dall’inizio del 2016 e composto da tre esperti internazionali – Mohamed Auajjar (Marocco), Tracy Robinson (Giamaica) e Chaloka Beyani (Zambia e Regno Unito) – The Independent Fact- Finding Mission presenterà infatti il suo prossimo rapporto durante la 50a sessione del Consiglio a giugno.