Il sostegno del Qatar al terrorismo in Libia trascinerà l’Italia in un fallimento totale

Di Ali Ahmed.
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è recato in visita ufficiale in Qatar, per incontrare l’emiro Tamim bin Hamad al-Thani. La visita arriva a meno di 48 ore dalla fine dei lavori della Conferenza di Berlino sulla Libia, dove il Qatar insieme alla Turchia sostiene fermamente il Governo di Fayez al-Serraj.
La crisi libica è stata in cima all’agenda delle discussioni tra Mattarella e al-Thani, facilitate dagli ottimi rapporti bilaterali tra Roma e Doha. Secondo un rapporto pubblicato a maggio del 2019 dall’Ambasciata italiana a Doha, i due Paesi vantano una stretta cooperazione strategica in vari settori dell’Economia, dalle infrastrutture, all’energia e all’agroalimentare. I rapporti tra i due sono stati particolarmente intensi in questi anni con visite reciproche delle leadership dei due paesi. Lo scorso 2 aprile il presidente del Consiglio Giuseppe Conte si è recato in visita nel paese, seguendo di pochi giorni il viaggio dell’ex ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, avvenuta dal 25 e 26 marzo 2019, e a cinque mesi dal viaggio in Italia dell’emiro Tamim bin Hamad al Thani, del novembre 2018. A ottobre 2018, invece, era stato l’ex vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, a recarsi in visita in Qatar. Il Qatar – scrive oggi Fabrizio Finzi su Ansamed – resta un grande finanziatore di tutto quel filone islamista radicale legato alla Fratellanza musulmana, in espansione pure in Europa attraverso l’azione della Qatar Charity.
Il quotidiano spagnolo ABC ha confermato in un rapporto pubblicato martedì che il Qatar sta sostenendo il presidente turco Recep Tayyip Erdogan che ha inviato in Libia migliaia di ribelli e terroristi siriani, trasferiti dalla città di Idlib. Il quotidiano afferma che lo scopo del Qatar, isolato dal resto dei Paesi del Golfo, è quello di diffondere il caos e l’instabilità nei paesi arabi, spiegando che il regime dell’emiro del Qatar, Tamim bin Hamad, ha inviato milizie armate in Libia e finanziato il trasporto di combattenti mercenari attraverso l’aeroporto di Gaziantep. Ma facciamo un passo indietro, durante la rivoluzione del 2011, il Qatar ha schierato la sua forza aerea contro i lealisti e l’esercito dell’allora leader libico Muammar Gheddafi. Ha inoltre fornito armi e forniture sostanziali alle forze rivoluzionarie in Libia. Diversi rapporti indicano che fu proprio l’emiro del Qatar a dare l’ordine di uccidere il leader libico, caduto nelle mani delle milizie e dei terroristi di Misurata.
La fondazione Jamestown conferma che da allora, il Qatar ha concentrato il proprio sostegno sulle forze islamiste che operano in Libia, una politica che ha danneggiato le nazioni come l’Egitto, l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti, che cercano al contrario di soffocare la crescita dei movimenti islamisti che potrebbero mettere in discussione la legittimità dei loro Governi. “La continua insistenza del Qatar nel recitare un ruolo nella politica interna della Libia da allora ha anche provocato risentimento e persino rabbia in molte aree della società libica”. Afferma il rapporto.
L’8 giugno, il portavoce dell’LNA, il colonnello Ahmed al-Mismari, ha presentato prove audio, video e documentali di enormi interferenze politiche e militari da parte del Qatar in Libia dalla rivoluzione del 2011, tra cui un’ondata di omicidi incluso un tentativo di assassinio ad Haftar, di reclutamento e trasporto di jihadisti libici in Siria, finanziamento di gruppi estremisti e addestramento nelle tecniche di bombardamento tramite agenti di Hamas della Brigata Khan Yunis. Jamestown foundation afferma che gran parte di questa attività è stata presumibilmente orchestrata da Muhammad Hamad al-Hajri, incaricato d’affari dell’ambasciata del Qatar in Libia, e dal generale dell’intelligence Salim Ali al-Jarbou. Al-Mismari ha anche affermato il 22 giugno di avere registri di “incontri segreti” con le forze armate del Sudan, nonché con il presidente sudanese Omar al-Bashir che ha confermato una cospirazione per sostenere il terrorismo in Libia, Egitto e Arabia Saudita e ha affermato che il Qatar e l’Iran gestivano fabbriche di armi in Sudan per rifornire i terroristi libici. Il 29 giugno al-Mismari ha dichiarato che l’LNA stava combattendo” non con i terroristi libici, ma con il terrorismo transnazionale supportato da la triade del terrorismo in Libia, Qatar, Sudan e Turchia. Il colonnello ha anche affermato che il dipartimento di intelligence dell’LNA aveva ottenuto le registrazioni di un corrispondente di al-Jazeera che coordinava voli segreti del Qatar in Libia per “sostenere gruppi terroristici”.
Le disavventure politiche dei Fratelli Musulmani in Egitto hanno portato alla sfiducia nell’agenda politica dei Fratelli in Libia, soprattutto perché il movimento lotta ancora per stabilire il sostegno di base dopo decenni di esistenza nell’era di Gheddafi come movimento per i professionisti libici che vivono in esilio europeo. La loro sopravvivenza in Europa tuttavia risulta essere ancora incisiva nella dialettica occidentale attraverso il controllo e il finanziamento di numerosi media che influenzano l’opinione pubblica con una narrativa predominante anti-Haftar.
Tutto ciò conferma il fatto che Mattarella dovrebbe usare cautela durante la sua visita odierna. “È proprio dal Qatar che il leader spirituale della Fratellanza, Yusuf Qaradawi, invocava il jihad in Siria contro Assad”. Scriveva sabato Giovanni Giacalone su Inside Over, aggiungendo: “A fine dicembre, Erdogan aveva proposto di invitare anche il Qatar alla conferenza di Berlino sulla crisi libica, una richiesta rimasta inascoltata, viste le recenti lamentele di Doha che ha reso noto di contare sull’azione turca”. Il ricercatore italiano fa notare inoltre che “i motivi di tanto interesse per i Fratelli musulmani nei confronti della Libia è dovuto a più fattori: in primis bisogna tener bene a mente che la questione libica è plausibilmente l’ultima spiaggia per la Fratellanza che, dopo una rapida ascesa spalleggiata dall’amministrazione Obama, durante le cosiddette Primavere arabe, è andata incontro a una pesante disfatta, forse la peggiore della sua storia”.
“Bisogna poi tener presente che la Tripolitania è strategica non soltanto per le installazioni petrolifere e i gasdotti, ma anche per tutta la questione legata alle partenze di immigrati irregolari. Erdogan potrebbe così ricattare l’Europa, minacciando di “aprire il rubinetto”, come già fatto con la rotta balcanica del resto”. Continua Giacalone, suggerendo all’Italia di evitare qualsiasi tipo di intesa con Ankara e ritirare il sostegno ad al-Serraj. “Potrebbe essere molto imbarazzante per l’Italia trovarsi dalla stessa parte di Turchia e Qatar affianco ad al-Serraj, soprattutto quando tra le file delle milizie a suo sostegno emergono taglia-gole già utilizzati in chiave anti-Assad e personaggi come Mohammed Mahmoud Ben Dardaf, terrorista ricercato dal governo della Libia orientale per l’assalto al consolato statunitense di Bengasi, avvenuto tra l’11 e il 12 settembre 2012, nel quale rimaneva ucciso l’ambasciatore statunitense Chris Stevens. Il jihadista era impegnato nelle forze fedeli a Sarraj, precisamente nelle file della brigata Somoud e veniva centrato nel maggio 2019 da un missile anticarro “Kornet” di fabbricazione russa. Il gruppo jihadista “Ansar al-Sharia” aveva successivamente pubblicato messaggi di cordoglio per la morte di Ben Dardaf attraverso alcuni profili social”. Conclude Giacalone.
Non è chiaro quali siano i vantaggi dell’Italia nello sposare tali correnti estremiste, sebbene il sostegno ai gruppi terroristici finanziati dal Qatar è stato incoraggiato negli anni da diversi analisti e think-thank vicini alla Farnesina, portando al fallimento di ogni strategia italiana in Libia a partire dalla forzata sostituzione dell’ex ambasciatore Giuseppe Perrone. L’Italia potrebbe essere ancora in tempo. Se l’Italia smetterà di seguire la linea di Qatar e Turchia ed inizierà un dialogo genuino con le componenti sociali libiche potrebbe ancora salvare i suoi interessi in Libia.