Giallo petroliera Xelo affondata in Tunisia e sospettata di contrabbando dalla Libia, non c’è traccia delle 750 tonnellate di gasolio nei serbatoi

Si infittisce il giallo della carretta del mare affondata sabato scorso nel Golfo di Gabes, sud est della Tunisia, e sospettata di trasportare 750 tonnellate di gasolio caricato illegalmente a Zawiya, in Libia. Le autorità tunisine hanno annunciato che non è stata trovata alcuna traccia di gasolio nei serbatoi della petroliera Xelo. A dichiararlo è stato Mazri Latif, contrammiraglio della Marina tunisina, responsabile della supervisione dell’intervento urgente per scongiurare il disastro ambientale, nel corso di una conferenza stampa oggi, venerdì, a Gabes. “I sommozzatori non hanno trovato nulla nei serbatoi della nave” ha detto Latif, senza fornire ulteriori spiegazioni.

Anche il ministero dell’Ambiente di Tunisi ha emesso un comunicato in cui afferma che i serbatoi della nave adagiata da quasi una settimana al largo di Gabes sono vuoti e non presentano alcun pericolo per l’ambiente. Il ministero ha assicurato che le operazioni di valutazione dei danni e di protezione del mare dall’inquinamento si interromperanno per il momento, fino alla ripresa delle operazioni volte alla rimozione del relitto. Sulla questione sono state aperte due indagini: una sulla dinamica dell’affondamento, l’altra per disastro ambientale. Ma sul tragitto della Xelo aleggiano molti misteri, e la pista del contrabbando è ancora al vaglio degli inquirenti, mentre si fa spazio l’ipotesi che il vessello sia stato “auto-affondato” considerato che il certificato dell’assicurazione sarebbe scaduto tra pochi giorni, il 26 aprile.

La nave affondata, non era dedita al trasporto di carburante, e la distruzione del centro di comando della nave è di natura criminale, secondo la stessa fonte. Per il contrammiraglio gli strumenti di navigazione sono stati strappati dal loro ancoraggio e il localizzatore gps è stato distrutto.

Intanto, Malabo ha sospeso 395 navi battenti bandiera della Guinea Equatoriale “illegalmente” dopo l’affondamento della Xelo, ha annunciato Teodoro Nguema Obiang Mangue. La Xelo, partita dal porto di Damietta in Egitto e diretta a Malta, battente bandiera della Guinea Equatoriale, è affondata sabato nelle acque tunisine dove si era rifugiata il giorno prima a causa del maltempo. Per ragioni ancora sconosciute, questa petroliera, lunga 58 metri e larga 9, ha iniziato ad imbarcare acqua prima di affondare. Le forze della marina hanno evacuato i sette membri dell’equipaggio prima che la nave si inabissasse.  “Ci sono più di 300 navi nel mondo che operano illegalmente sotto la nostra bandiera. Mercoledì abbiamo lanciato un meccanismo per risolvere ed evitare questo problema in futuro. La bandiera della Guinea Equatoriale non può essere oggetto di frodi internazionali”, ha twittato Teodoro Nguema Obiang Mangue, soprannominato Teodorin, vicepresidente e figlio del capo di stato della Guinea Equatoriale.

“Teodoro Nguema Obiang Mangue sospende la circolazione di oltre 395 barche che battono illegalmente bandiera della Guinea Equatoriale”, ha affermato il governo in una nota. Il vicepresidente “disapprova totalmente che il Dipartimento dei trasporti o qualsiasi altra agenzia o individuo rilasci autorizzazioni a proprietari di navi di dubbia provenienza”, continua. “Nessun’altra licenza sarà rilasciata a livello internazionale fino a quando questa situazione non sarà chiarita”, ha aggiunto Obiang.

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