Dopo le proteste, il Governo libico ad Interim non riconosciuto si è dimesso


Dopo oltre 6 anni dal suo insediamento, il governo libico ad Interim non riconosciuto, guidato da Abdullah Al-Thini, ha presentato le sue dimissioni al presidente del Parlamento, Agila Saleh, domenica 13 settembre.

Ciò è avvenuto durante un incontro di emergenza tenuto dal presidente della Camera dei Rappresentanti, Aguila Saleh, con Al-Thini, presso la sua residenza di Al-Qubbah. Le dimissioni seguono un’ondata di manifestazioni contro il deterioramento delle condizioni di vita dei cittadini, rese insopportabili dalle continue interruzioni dell’elettricità e dalla cattiva gestione dell’emergenza sanitaria COVID-19.

Secondo il portavoce della Camera dei Rappresentanti, Abdullah Belhaq, il Presidente del Governo non riconosciuto ha informato Aguila Saleh “di una spiegazione dettagliata del lavoro del governo, dei ministeri e degli organi competenti sulle cause del deterioramento delle condizioni di servizio e della crisi dei tagli all’elettricità e del loro impatto sulla vita quotidiana dei cittadini”.

Il portavoce ha affermato che “gli ingegneri e i funzionari della General Electricity Company hanno confermato che la crisi dell’elettricità è stata causata dalla carenza di forniture di carburante per le centrali elettriche da petrolio e diesel, nonchè da problemi tecnici con la società”.

Belhaq ha indicato che l’incontro ha affrontato “la situazione sanitaria nel paese, la situazione epidemiologica della pandemia Corona, e la fornitura di scorte adeguate di medicinali per i prossimi mesi, dato che sono state fornite risorse finanziarie adeguate per evitare la carenza di farmaci”.

Nel corso degli anni il Governo ad Interim ha rappresentanto un enorme ostacolo alla pacificazione sociale e alla fornitura di servizi alle municipalità. Il Governo non risconosciuto ha infatti eletto dei consigli municipali paralleli a quelli democraticamente eletti, approfittando dell’incapacità o assenza del Governo di Tripoli.

Secondo la maggior parte degli osservatori, le dimissioni o le sostituzioni di ministeri e Governi non serviranno a sedare la rabbia dei cittadini che chiedono risposte concrete ai loro bisogni, la consegna alla giustizia dei casi di corruzione, una distribuzione equa delle entrate petrolifere e la fine del prolungato conflitto.

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