Soldato siriano: “Siamo pronti a distruggere l’esercito egiziano in Libia”

Di Vanessa Tomassini.

“Siamo pronti a distruggere l’esercito egiziano fino all’osso, stiamo solo aspettando che le milizie di Haftar facciano il primo passo. Sappiamo ciò che vogliamo e lavoriamo giorno e notte per il nostro obiettivo, distruggere le dittature che opprimono i popoli arabi. Bashar al-Assad, Haftar ed al-Sisi spariranno. Nessuno può cambiare la volontà di Dio”. Commenta così Ali, un ufficiale di campo siriano dell’esercito turco, impegnato dal 5 gennaio a Tripoli, la decisione del Parlamento egiziano di autorizzare il presidente a dispiegare eventuali truppe in Libia.

L’ufficiale siriano – che non accetta la definizione di mercenari – ha combattutto a Damasco tra le file del gruppo Jaysh al-Islam, esercito dell’Islam, prima di ritirarsi nel 2018 nel nord-est della Siria con le truppe di Ankara. Il gruppo fu fondato dal comandante a Zahran Alloush, figlio dello studioso religioso con sede in Arabia Saudita Abdullah Mohammed Alloush, dopo che le autorità siriane lo hanno rilasciato dal carcere a metà del 2011, dopo aver scontato la pena per il suo attivismo salafita.

“L’approccio e gli obiettivi di Jaysh al-Islam, Ahrar al-Sham e la Brigata Tawhid sono gli stessi. Le fazioni si sono unite in un unico corpo militare, il Fronte Islamico. Hassan Aboud, comandante di Ahrar al-Sham, Zahran Alloush, comandante del Jaysh al-Islam, ed Abdel Qader al-Saleh, comandante della Brigata Tawhid, sono stati assassinati. Dopo la loro morte, la rivoluzione siriana è collassata e il regime di Assad ha dominato gran parte della Siria”. Ali racconta, affermando di essere stato formato da ufficiali dell’esercito di Assad, passati dalla parte degli oppositori.

Un rapporto del Pentagono, rilasciato nei giorni scorsi afferma che tra i 3,500 e i 4,000 combattenti siriani sono stati trasferiti in Libia dalla Turchia nei primi tre mesi del 2020. Il Dipartimento di Stato americano afferma di non aver trovato evidenze di un’ideologia estremista tra questi mercenari. Ali a tal proposito rivela che “sono oltre 10,000 i siriani oggi in Libia. Ieri altri due aerei cargo sono arrivati a Tripoli, portando nuovi combattenti che andranno a sostituire dei soldati che hanno terminato la loro missione”. Mentre mancano ancora 40 giorni alla fine del suo incarico. “Non mento – prosegue, quando ci spiega che la sua famiglia non sa che si trova in Libia – credono che sia in Turchia. Semplicemente non me l’hanno chiesto”.

Ali afferma di aver combattuto l’Isis, sebbene il suo leader Zahran inizialmente aveva questo obiettivo: creare uno Stato islamico in Siria che adottasse come unica legge la Sharia, prima di optare per una linea più morbida: l’elezione di un consiglio di transizione che rappresentasse le varie componenti sociali siriane in sostituzione del regime di Assad. “Non siamo terroristi, ne tanto meno mercenari”. Ribatte Ali, aggiungendo: “Abbiamo combattuto contro Daesh. I terroristi arrivati in Siria erano stranieri, occidentali. Noi vogliamo un esercito islamico in grado di proteggere i popoli arabi che possano vivere in una unica Nazione. Il mio leader Recep Tayyip Erdogan ci riuscirà a ridare vita all’impero ottomano. Sono turcomeno, questa è la mia causa. Ed è per questo che ho scelto di venire in Libia”. Riguardo ai rapporti giornalistici di ufficiali turchi che hanno fornito armi e fatto affari con Daesh, in Siria, Ali non ha voluto rilasciare alcun commento.

Il via libera del Parlamento egiziano per il dispiegamento di truppe in Libia lunedì potrebbe potenzialmente portare la Turchia e l’Egitto in uno scontro diretto. La scorsa settimana, il presidente al-Sisi ha ospitato dozzine di capi tribali leali ad Haftar, al Cairo. Anche il Parlamento libico con sede a est, unico organo eletto nel paese nordafricano, ha invitato l’Egitto ad inviare truppe in sostegno del Libyan National Army (LNA) di Haftar. Lunedì scorso, Sisi ha parlato con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e ha sottolineato che l’Egitto mira a prevenire un ulteriore deterioramento della sicurezza in Libia, secondo una dichiarazione del portavoce presidenziale egiziano. I due leader avrebbero concordato di mantenere un cessate il fuoco evitando un’escalation militare in Libia.

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