Conversazione con Bashir Sheik, coordinatore del movimento “La Rabbia del Fezzan”

Di Vanessa Tomassini.

“Il presidente della National Oil Corporation ha presentato un memorandum contro di me al Procuratore Generale libico il 6 novembre 2018, prima ancora della chiusura del campo petrolifero. Mi ha definito un criminale, ed ha cercato di convincere l’opinione pubblica che il movimento che ho fondato è un movimento di sabotatori. Un gruppo di teppisti ci ha definiti”. A parlare è Bashir Sheik, coordinatore e fondatore del movimento giovanile, La Rabbia del Fezzan, responsabile della chiusura del campo petrolifero di El-Sharara, gestito da Akakus, nel deserto libico di Murzuq. Bashir ha iniziato a girare le città del Fezzan con la sua macchina per invitare i giovani a lottare per i propri diritti. “Quando abbiamo annunciato che il campo petrolifero di El-Sharara sarebbe stato chiuso il 25 ottobre – ci racconta – abbiamo incontrato il direttore dell’amministrazione generale ed il capo dello staff, Direttore Generale della National Oil Corporation (NOC), Khaled Bou Karaa, il quale ci ha promesso che le nostre richieste sarebbero arrivate direttamente al Governo”.

-E poi cosa è successo?

“Abbiamo dato loro una nuova scadenza di due settimane, avvertendoli che se non avessero dato seguito alle nostre richieste, il sito sarebbe stato chiuso l’11 novembre. Quel giorno, quando ci siamo diretti sul posto, abbiamo trovato il 30mo battaglione di fronte al campo petrolifero, a 24 chilometri, alla folla è stato impedito di entrare, queste sono le foto del nostro gruppo di manifestanti. Abbiamo assediato il sito accampandoci all’esterno”.

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“Questa è la nostra tenda di fronte ad entrambi i cancelli d’ingresso, tuttavia le temperature erano molto dure. Fa molto freddo nel deserto. Il deserto è deserto, per questo abbiamo scelto di ritirarci e di riorganizzare nuovamente le carte. Siamo tornati nelle nostre case, sono venuto qui ad Ubari per convincere tutti che non vogliamo altro che cambiare, sono riuscito a convincere tutti che vogliamo solamente il bene del Fezzan. Abbiamo deciso una nuova data per tornare sul campo, solo per i coordinatori questa volta, senza folla, al fine di evitare danni. Io ed alcuni coordinatori siamo entrati all’interno dei comuni mostrando questa lettera con cui chiedevamo la chiusura del campo”.

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-Cosa dice questa lettera?

“Abbiamo chiesto di rappresentare il popolo libico del Fezzan, che avremmo chiuso il giacimento senza portare con noi la folla in questo luogo vitale, per evitare di danneggiare né il cittadino né la fondazione. In questo modo avremmo chiuso il campo che non verrà riaperto fino all’attuazione delle nostre 10 richieste”.

-Come risponde alle critiche del presidente della NOC Mustafà Sanalla?

“Come le dicevo, ha depositato un memorandum contro di me al Procuratore Generale lo scorso 6 novembre, ora siamo sorpresi che ieri, in un’intervista ad un canale televisivo della Libia ha detto tutto il contrario, affermando che il nostro è un movimento pacifico che deve essere sostenuto nell’attuazione delle sue richieste. Tutto questo non è quello che ha espresso nel comunicato al Procuratore Generale. Quando il battaglione a difesa del campo petrolifero si è schierato di fronte ai manifestanti, non permettendoci di entrare ad el-Sharara erano suoi eroi, quando le guardie invece si sono trovati di fronte a donne, bambini ed anziani lasciandoli entrare, si sono trasformate in milizie e terroristi. Questo è molto strano. Dovrebbe chiarirsi le idee prima di tutto”.

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Vuol dire qualcosa alla Comunità internazionale?

“Noi della Rabbia del Fezzan non apriremo il giacimento petrolifero fino a quando le nostre richieste non verranno soddisfatte sotto la supervisione delle Nazioni Unite. Qualsiasi accordo deve essere garantito dall’Onu perché non ci fidiamo più di nessun Governo”.

– Il Governo di Accordo Nazionale sembra stia lavorando seriamente per il sud della Libia. Sareste pronti a dialogare con le istituzioni?

“Il Governo non ci tratta seriamente per prima cosa. Per quanto riguarda il dialogo, noi siamo pronti a parlare con chiunque voglia aiutare. Qualsiasi funzionario, deputato o ministro originario del Fezzan, però non vogliamo incontrarlo”.

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Cosa chiede La Rabbia del Fezzan:

  • Sostenere l’establishment militare e di sicurezza per garantire le risorse del popolo libico, proteggere il sud ed estendere la legalità;
  • Sostenere il settore sanitario con il contratto con medici e team per aiutare e mantenere strutture sanitarie ed ospedali nel sud, nonché fornire le attrezzature ospedaliere necessarie per operare, medicine e farmaci in particolare per malattie croniche;
  • Riprendere i lavori di manutenzione delle centrali elettriche, procurando le turbine alle stazioni di generazione M-Tables e Samano;
  • Gestione di tutti gli aeroporti nel sud;
  • Fornire liquidità alle banche dei villaggi e delle città del sud da parte della Banca Centrale della Libia;
  • Provvedere sicurezza sulla strada da Jafra e Al-Shuwairf al resto del sud, perché la gente del Sud e le loro famiglie vengono rapite;
  • Attuazione del progetto della raffineria meridionale;
  • Intraprendere progetti di sviluppo territoriale;
  • Rivendicazione di ministeri sovrani con sede nel sud;
  • Fornire opportunità di lavoro al Sud nel settore petrolifero, in particolare, consentendo a coloro che lo desiderano di iscriversi ad istituti petroliferi, come le altre regioni, nonchè l’istituzione di istituti petroliferi nel Fezzan.

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