Il vagare di un’umanità sospesa, dai centri di detenzione in Libia alla solidarietà del Niger con Alessandra Morelli (rappresentante UNHCR)

Di Vanessa Tomassini.

“L’Emergency Transit Mechanism (ETM) è un programma speciale e piuttosto insolito che mira a fornire protezione salvavita, assistenza e soluzioni a lungo termine a rifugiati estremamente vulnerabili intrappolati nei centri di detenzione in Libia, attraverso l’evacuazione temporanea in Niger. In Libia, non avendo firmato la convenzione di Ginevra del 1951, tutto ciò che è straniero viene considerato come presenza clandestina e la risposta alla clandestinità è purtroppo la detenzione”.

A parlarcene è Alessandra Morelli, rappresentante UNHCR in Niger. Alessandra, romana di origine, si definisce una donna di dialogo e mediazione, in cui crede fermamente per cercare soluzioni al problema dei grandi spostamenti di persone, vera e propria sfida del nostro secolo. Fin da piccola è cresciuta tra i colori, gli odori, i suoni e le culture del mondo, grazie al continuo trasferimento lavorativo della sua famiglia, dalla quale – ci confessa- aver imparato ad aprirsi al mondo di cui si sente parte integrante. Dal 1992 ad oggi, come delegata per l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite, è impegnata direttamente sul campo in negoziazioni e operazioni umanitarie di risposta e di coordinamento, protezione e assistenza di rifugiati, sfollati interni e rimpatriati nelle aree più calde e fragili del mondo; ha lavorato nella ex-Jugoslavia, Ruanda, Albania, Kossovo, Guatemala, Sri Lanka, Sahara Occidentale, Afghanistan, Indonesia, Georgia, Yemen, Birmania, Somalia, ed ultimamente ha consolidato il primo intervento dell’emergenza profughi in Grecia, che ha visto transitare sul proprio territorio più di 1 milione di persone in fuga da guerre e violenze. Alessandra ci risponde da Niamey, un po’ provata – come tutti dovremmo essere – non tanto dal caldo estivo, ma dalle tristi notizie degli incidenti in mare al largo della Libia e dalla lentezza europea a farsi carico delle proprie responsabilità.

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L’UNHCR – ci spiega Alessandra – ha come principale mandato quello di fornire protezione per tutte quelle persone che sono dei potenziali richiedenti asilo. Per questo l’obiettivo dell’ETM è quello di fornire protezione e identificare soluzioni durature, incluso il reinsediamento per questi rifugiati, che sono principalmente eritrei, somali, etiopi, sudanesi e sud sudanesi. I loro profili includono principalmente sopravvissuti alla tortura o ad altre forme di violenza nei paesi di origine o nei paesi di transito come la Libia, ed altri con esigenze di protezione impellenti, come nel caso dei minori non accompagnati, nonché donne e ragazze a rischio. L’ETM vuole rappresentare uno spazio d’asilo sicuro, all’interno del quale i richiedenti asilo possono rielaborare il loro vissuto traumatico e poter trovare in tal modo lo spazio all’interno di se’ per poter ricostruire il loro futuro. Questo rappresenta il cuore della nostra filosofia della cura all’interno del progetto di evacuazione dalla Libia. Ad oggi, 1.536 persone sono state evacuate dalla Libia al Niger ed un totale di 173 persone aventi diritto a protezione internazionale sono partite dal Niger, in maggior parte per il reinsediamento, in Francia, in Italia, nei Paesi Bassi, in Svezia e in Svizzera. Altri paesi che offrono posti di reinsediamento sono la Germania, il Regno Unito, la Finlandia, il Canada e gli Stati Uniti che di recente, almeno sulla carta, si sono impegnata ad occuparsi di 262 minori non accompagnati”.

“Nel settembre del 2017 l’UNHCR ha fatto appello affinché venissero messi a disposizione 40.000 posti per il reinsediamento dei rifugiati presenti in 15 Paesi d’asilo e transito lungo la rotta del Mediterraneo centrale. Si ritiene che in tutto siano 277.000 i rifugiati con necessità di reinsediamento in questi Paesi. Fino ad ora solo 24,450 sono stati i posti messi a disposizione”.

La rappresentante di UNHCR sottolinea che “il Niger si è offerto ad essere questo spazio di asilo allargato, dimostrando grande maturità e sensibilità. Nonostante sia un Paese povero, con frontiere fragilissime in cui l’incursione terroristica è all’ordine del giorno, il Niger ha dato una grande risposta e rappresenta un modello concreto di solidarietà. Dal confine Sud con la Nigeria assistiamo ad infiltrazioni di elementi terroristici del Boko Haram che sono stati in grado di compiere attentati anche all’interno del territorio nigerino”. Secondo UNHCR, la situazione è peggiorata con i primi attacchi nel territorio del Niger nel 2015. Ci sono oltre 250.000 sfollati nella regione. La maggior parte vive in luoghi spontanei o con la popolazione locale, mentre l’UNHCR gestisce un campo profughi, con 13.969 persone, al 31 maggio 2018.

È in corso un altro progetto del Fondo fiduciario dell’UE volto ad accompagnare la ripresa economica e gli investimenti municipali attraverso la realizzazione di progetti abitativi durevoli. Anche la situazione nell’area al confine col Mali non è delle migliori, con l’esplosione del conflitto nel 2012. “Le regioni di Tillaberi e Tahoua che si affacciano sul Mali ed ospitano la maggior parte dei rifugiati sono sempre più colpite dall’insicurezza e dal terrorismo. L’anno scorso è stato dichiarato lo stato di emergenza – ci ricorda Alessandra – ed è stato prorogato per ulteriori 6 mesi, nel febbraio 2018. Attualmente ci sono 57,952 rifugiati maliani in Niger”.

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L’UNHCR mira a sostenere l’integrazione socio-economica di questi rifugiati e la chiusura dei campi entro la fine del 2019, attraverso l’urbanizzazione ed altri programmi finalizzati all’integrazione socio-economica. Recentemente è stato avviato un progetto regionale per il fondo fiduciario dell’UE volto a rafforzare la resilienza delle popolazioni sfollate nel nord del Mali e a sostenere la coesistenza pacifica tra le comunità. La situazione degli IDP in Niger è diventata più complessa con l’aumento dell’insicurezza nella regione di Tillaberi, al confine con il Mali. Nel 2018, gli attacchi e l’insicurezza in quell’area hanno provocato lo spostamento interno di almeno 13.900 persone finora. Va poi ricordato che il Niger è un importante crocevia di movimenti migratori verso nord, verso la Libia, l’Algeria e il Mediterraneo. Questi flussi migratori costituiscono migrazione mista, compresi migranti economici e persone bisognose di protezione internazionale. Ad Agadez, l’UNHCR lavora per identificare i richiedenti asilo all’interno dei flussi migratori e collabora con il governo, l’IOM e le ONG per fornire a queste persone informazioni e assistenza. 2.036 persone, per la maggior parte sudanesi, sono attualmente rappresentate dall’UNHCR ad Agadez, il 24% da minori e 205 da minori non accompagnati o separati. La situazione è diventata più complessa negli ultimi mesi, con l’aggiunta di movimenti al ribasso dalla Libia e dall’Algeria. “La minaccia al Niger – sottolinea Alessandra Morelli – viene quindi molto dall’esterno, per questo è costretto ad investire il 21% del proprio budget nella sicurezza, fondi che vengono tolti ad altri servizi, come la sanità e l’educazione. Per questo non si può lasciare da solo il Niger e i paesi di transito andando verso Agadez, principale rotta verso il Mediterraneo centrale. Nonostante tutte queste difficoltà il Niger ha lasciato aperte le sue frontiere a chi fugge da guerre e conflitti”. Infatti dall’inizio delle operazioni di evacuazione dei centri di detenzione libici, alla fine del 2017, di 1.858 persone compresi minori non accompagnati, 1.536 sono stati evacuati in Niger, 312 in Italia e solamente 10 nell’ETC Romania. Attualmente la capacità totale residua di ospitare sfollati nell’ETM Niamey è di 246 persone.

Nei centri di detenzione in Libia dove l’UNHCR ha accesso, i rifugiati e richiedenti asilo vulnerabili bisognosi di protezione internazionale sono identificati dallo staff dell’UNHCR Libia, guidato da Roberto Mignone. Sono sottoposti a screening e le loro informazioni sono condivise con l’UNHCR Niger. Gli elenchi per l’evacuazione sono stabiliti in base alla vulnerabilità. Il primo volo di evacuazione ha avuto luogo l’11 novembre, da allora, altri 13 voli di evacuazione sono arrivati in Niger dalla Libia, trasportando un totale di 1.536 rifugiati e richiedenti asilo. Una volta che i rifugiati arrivano in Niger, l’UNHCR li registra e fornisce loro alloggio e protezione. L’UNHCR e i suoi partner forniscono accoglienza in diversi alloggi, dove cibo, cure mediche, istruzione, supporto psicosociale, sono a disposizione. I rifugiati e richiedenti asilo sono tutti inizialmente registrati biometricamente. Questo è seguito dalle procedure di determinazione dello status di rifugiato (RSD) da parte dell’UNHCR e del governo. Infine, le interviste per preparare i file di reinsediamento sono completate dall’UNHCR. Questi file vengono quindi inviati a paesi terzi per essere presi in considerazione. Per i minori non accompagnati, viene completata una Determinazione dell’interesse superiore del minore (BID) per individuare la soluzione più appropriata al caso specifico.

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Ed è qui che le operazioni subiscono un brusco rallentamento, quando in seguito allo screening dei fascicoli nei paesi di reinsediamento, le parti responsabili di alcuni dei governi di paesi terzi intraprendono una missione in Niger per intervistare direttamente coloro che sono in esame per il reinsediamento. I risultati delle interviste sono comunicati all’UNHCR Niger nelle settimane successive alla missione. Alcuni paesi di reinsediamento possono decidere basandosi esclusivamente sul file condiviso con loro dall’UNHCR e non intraprendono necessariamente una missione di reinsediamento in Niger. Tra le altre soluzioni durevoli che vengono esaminate sono visti umanitari o di studio, così come il ricongiungimento familiare. Il reinsediamento dei rifugiati evacuati dalla Libia verso il Niger fa parte del programma generale di reinsediamento dell’UNHCR. Anche i rifugiati che erano già presenti in Niger e per i quali il reinsediamento e’ una valida soluzione, sono inclusi nel programma. Globalmente, il reinsediamento è una delle 3 soluzioni portate avanti dall’UNHCR, le altre includono il ritorno volontario o l’integrazione locale. Un modello quello di UNHCR Niger che dovrebbe essere compreso ed ampliato per evitare che le persone finiscano nelle mani dei trafficanti o che ancor peggio muoiano in mare. Un lavoro minuzioso che tuttavia deve confrontarsi con la lentezza europea, lasciando persone che hanno diritto di protezione internazionale stazionare nei centri di transito in Niger per troppo tempo. Se ad identificazione non corrisponde soluzione, tutto questo rischia di trasformarsi in un transito perenne.

Le persone che arrivano in Niger sono “esseri sospesi” che non hanno più un punto di riferimento nella vita dopo aver subito maltrattamenti e soprusi di ogni sorta. Popoli, come quello sudanese, che si trovano a vagare e vagare, senza una meta. Un fenomeno “straordinario e preoccupante” lo definisce Alessandra, “preoccupante per la violenza che queste persone subiscono durante il loro viaggio e per la mancanza di una gestione, di una risposta globale” da parte dell’Europa, ma anche degli stessi leader africani. Basti pensare che alcune recenti inchieste della stampa internazionale, come Associated Press e The Telegraph, hanno dimostrato le grandi deportazioni di migranti anche dall’Algeria, un altro Paese che rifiutando l’accoglienza rigetta nel deserto migliaia di persone. Il Governo nigerino, invece, malgrado la complessa situazione socio-economica e di sicurezza nel Paese, si è aperto al dialogo a dimostrazione che è nel confronto, nella collegialità e grazie alla creazione di sinergie che si trovano le soluzioni, non nella paura e nell’isolamento. Lasciamo la rappresentante di UNHCR in Niger con una frase di Stefano Rodotà, tratto dal suo libro “Solidarietà, un’utopia necessaria” che afferma: “il principio di solidarietà è l’antidoto a un realismo rassegnato che non lascia speranze, che non lascia diritti. La solidarietà scardina barriere, demolisce la nuda logica del potere e costruisce legami”.

Libya. Evacuees from a Libyan detention center are transported to Niger

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